Venanzio, il guardiano dell’orto.
..Venanzio era un vecchio solitario e taciturno. La sua timidezza, si diceva,
non gli aveva permesso di metter su famiglia o di avere relazioni sentimentali con le donne. Sulla sua vita privata s’erano fatte le più disparate allusioni. Parlava con un linguaggio strampalato e antico, ma aveva uno spirito d’osservazione sensibile e profondo.
Nelle calde notti d’estate, dalla piccola feritoia della capannina, Venanzio guardava la luna e le stelle che a grappoli s’accendevano sulla volta celeste.
Allora la sua fantasia galoppava lontano andando a scavare nei recessi della memoria tanti ricordi. Visioni infantili e magiche gli scorrevano davanti; le paure e le emozioni si confondevano con la realtà del presente; le gioie i dolori passati l’assalivano in quel silenzio stregato tra terra e cielo, dove il suo sguardo senza meta vagava. Con struggente malinconia ripensava alla giovinezza, alla guerra, lassù, nelle fredde trincee del Carso, ai patimenti, alla fame, a quelle lunghissime notti di terrore, al viaggio sul treno che fu il primo e l’ultimo della sua vita, a quella sera indimenticabile passata con una di quelle donnine allegre. Gli pareva di risentire in quell’istante il profumo di quel corpo di donna che fu sua quella notte e che non rivide mai più. Allora una sottile nostalgia, un dolore indistinto lo assaliva, ripensando alla vita passata e perfino i più brutti ricordi finivano per sembrargli belli. Le sue labbra si muovevano in un celato sorriso e in quella solitudine mormoravano nomi da tempo sepolti.
La luna crescente riverberava aloni di pallida luce sui rami di una vetrice, formando immaginarie figure. Venazio, come da bambino, rivedeva misteriosi fantasmi. Gli pareva di udire la voce della nonna che gli canticchiava: < sotto il ponte di trallerallera, c’era ‘na vecchia nera nera…>, risentiva i piaceri, le emozioni, gli incubi d’un tempo. Poi immerso in quella pace e nel tepore della terra, che restituiva il calore del giorno, ascoltava incantato il mormorio degli insetti e lo stridio dei grilli che animavano la vita nella notte. Ogni piccolo fruscio lo faceva sobbalzare: pronto scrutava il sentiero poco distante dall’orto per accertarsi che non vi fossero i ladri a rubare i cocomeri o i dorati meloni.
08/01/10
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