12/04/20


Zibaldone Poetico

Dalla Badia Camaldolese d’Anghiari


1

Le tue mani
Io l’ho sentite
questa notte
disegnare
arabeschi
sulla mia schiena.
Adesso dormi lontano
e vorrei spalancare
I tuoi pugni chiusi.
Come rondini
le nostre mani
s’incontrerebbero ancora:
ma posso solamente
guardarti dormire
aspettando.
E’ già quasi mattino
alla Badia.







2

Davanti alla Badia
le pietre sognano.
Sulle mura della Badia
la luna fa capolino.
Chissà da dove giunge
un suono d’organo antico:
Tutta la notte
languo di nostalgia.

3

Nella solitaria Badia
non incontro nessuno
ma odo l’eco di voci umane.
Obliqui raggi entrano
sul portico antico,
riflessi ombrati muovono
al finire del giorno.
Fredde appaiono le case,
un uomo solitario
s’attarda ancora:
nulla conosce dei segreti…
e ascolta muto
un mormorio di preghiere.





4

La notte è profonda,
la luna rischiara i tetti,
della Badia.
Odo il respiro del vento,
l’aria tiepida di primavera
porta voci d’insetti e ricordi…
Le antiche cose sono passate
eppure ancora m’inseguono
galoppando i sogni:
uno, cento, mille e mille
come fiumi fluenti
come tamburi li sento
che mi scavano dentro.

5

Il gelido vento di tramontana
taglia come un coltello affilato
le mura della Badia.
Deserta la notte,
inerme, sorda ai richiami
di limpide stelle fluttuanti
alla deriva  di freddi cieli sterminati.
Passano ombre segrete,
hanno luci di lanterne
e drappi antichi
mute appaiono
e silenziose fuggono via
prima che sorga il giorno.











6

Pascola la luna
sui prati celesti
divorando crateri
d’angoscia e d’amore.
Battono le ore
alla Badia…
Oh… se potessi fermare
Il pensiero nella notte;
fissare l’azzurro del cielo
in crescenti sguardi.
Sono solo
con la parola muta in gola,
senza un gesto concreto,
nell’assurdo, nell’illusione
di fuggire lontano.







7

Alla Badia le pietre millenarie
ricevono colpi di sole.
Alla Badia le pietre restituiscono
calore e memorie sepolte.
Alla Badia c’è una culla:
La piccola Armida Mirine
ascolta l’eco di ninnananne lontane…
Il  dolce vocio del borgo
soavemente la trastulla.


8

Già è l’alba.
l’ultime ombre
dileguano
come sogni.
Veli biancastri
annebbiano la valle.
L’aria intatta
avvolge bel silenzio
la Badia:
ancora posso sentire
Il respiro
di calde bocche umane.




9


Gocciolano i tetti
della Badia.
E’ notte,
seguono pensieri
colmi di nostalgia.
Sto bene
nella vecchia casa:
ascolto una musica antica
che m’accompagna
fino ai pallidi
colori del giorno.


10

Ed ecco, le voci si spengono
si dileguano
le ultime luci alla Badia.
Presto apparirà la luna
a illuminare i tetti
delle vecchie case.
Effimere illusioni
mi ubriacheranno
anche stanotte:
così andrò sognando ad occhi aperti
aspettando l’aurora.




11

Alba chiara alla Badia,
aloni di vapori bianchi
strisciano sopra la campagna.
Da un’antico pertugio
m’affaccio su porta Santangelo;
i tetti ancora addormentati
spandono riflessi di luce.
Sauri d’armi bardati
e di pennacchi
galoppano sulla “piana “,
poi come ombrati fantasmi
veloci corrono via.


12

Chiara è la notte alla Badia,
dal cielo senza nubi
la luna rischiara la mia stanza.
Vorrei levare un accorato
canto d’amore
come una preghiera nella sera:
ma nessuno c’è che m’ascolti.
Vegliando, aspetterò
Il fluido biancore dell’alba
e il giorno che vola
con i miei sessant’anni.




13

Bocca di luna piena
che passeggi
sopra i tetti della Badia
e li ricopri
d’ingannevoli baci…
Oh parola, parola mia
come sei oscura…
Tutto traspare,
si confonde il pensiero
su segni d’infiniti Dii.
Non ho capito nulla fin’ora:
ma com’è dolce
il mormorio
del tuo pianto stasera
piccola Margherita.

14

Sussulta la notte e si rigira
sul letto dell’immensità
e come una mandria ceca
batte gli zoccoli duri
sulle pietre della Badia,
ove giungono echi sconosciuti,
sussurri, vocii,  affannosi respiri,
dolori d’umanità impazzita;
sensi assopiti ed offesi dal tempo,
volti sfigurati s’affollano  urlando
in un balenio di sguardi.


15

Fino all’infinito
In cerchi concentrici
con profonda caduta
s’ode d’antichi tempi
l’eco.
Corrono pensieri
alla Badia,
scavando abissali incubi…
Da mondi lontani giungono
sospiri d’incenerite
vicende umane.
Come se nulla esistesse,
tutto confuso, indistinto
appare.

16

I colori nascenti si formano
nella luce dell’alba
alla “Badia “.
Ripensando:
nel chiarore riflesso
della bifora antica
nella mente m’appare
la donna gestante[1]
in preghiera.
Anch’io vorrei
la mia sete placare
invocando
17

Quando il sole tramonta,
i tetti della “Badia “
impallidiscono evanescenti.
Nuvole colorate di rosa
passeggiano sfiorando le colline.
Dalla pianura giunge
Il dissennato frastuono della vita.
Fremono ricordi di tempi lontani:
colori, piaceri, passioni, echi
di voci care mi giungono
stringendomi la gola…
e come fuochi scoppiettanti
si dileguano nella notte.

18

Com’è bella la luna stasera,
pare incantata a scrutare
i tetti della “ Badia “
e a lumeggiare
la mia casa antica.
Sospiri, emozioni
d’un tempo lontano
mi scuotono dentro.
Oh luna,
potessi darti
i miei sogni e pensieri
per portarli con te
nello spazio infinito del tempo.


19

Sei più bella
d’un giardino fiorito,
lucente come l’arcobaleno
appena bagnato d’acqua e di sole.
Sei nuova come una gioia improvvisa,
dolce come l’alito tiepido di primavera.
Qui, dalla “ Badia “,
i miei pensieri t’invio
sull’ali del vento,
sulle corde d’un violino
che langue di nostalgia.

20

Notte,
carezza sconosciuta
al chiarore lunare,
bacio di stella,
profumo di labbra,
sapore di baci.
Alla” Badia ” sogno…
Sogno i limiti estremi
 del cielo…
Veglio e penso…
Penso alla casa natale:
voci care
m’attorcigliano
l’anima
…un ragazzo scalzo
corre col vento.

21

Mura dell’antica “ Badia “,
mura che avete ascoltato
la gioia e il pianto,
il rumore di passi infiniti,
i bisbigli di rauche voci nella notte
d’osannate preghiere.
Mura misteriose e secrete.
Mura che avete incorporato
Il rumore di cavalli e vetture,
il tintinnio di fioche lucerne,
il veleno di lame assassine.
Mura, fiere sentinelle
Indifferenti ai nostri destini.

22

Dal tiepido sole di marzo
la luce cade fredda
sulle mura della “ Badia “.
Il breve ventaglio di brezza
reca erranti pensieri:
da nord a sud
quante famiglie piangono?
S’odono lotte di guerre
all’invisibile[2].
Tutto è silenzio,
solo il suono d’una musica antica[3]
accompagna la notte solitaria
della città.
23


L’ombra della sera
fa capolino
sopra i vecchi tetti
della Badia.*
Ora che novembre
reca languori
nascosti nello scrigno
di lontani ricordi.
Sogno e fantastico,
medito i miei pensieri:
Il ramo del ciliegio si spoglia,
le foglie ad una ad una
scendono baciando
Il mio giardino.

Anghiari: dalla Badia Camaldolese





















1960 – 1990


Se come un Dio potessi

Nulla
nel perfetto silenzio
del nulla!
Tunnel
costellazioni
umani sospiri
immutabilità.
Vita, morte,
tempo, idea:
comporsi e scomporsi
all’infinito.
Oh! Se come un Dio potessi…
















Tempi remoti



Come placido mare
all’improvviso s’agita
se vento lo forza,
vento chimerico e folle:
così è l’anima mia
quando oscuro male
nelle diverse stagioni penetra:
Chi mi chiama?
Da lungi sento possente
batter di tempi remoti,
ed io quasi smarrito
sempre più m’appresso
all’ora ultima della vita.
















Oltre il silenzio[4]


Interminabili silenzi
rompete infine gli spazi siderei
e con me venite a suonare
muovendo a danza antica.
Cielo, metallico e lontano,
ascolta chi ti vede
chi ti sussurra
chi ti cerca e sente
oltre ragione!
Qui affossato, qui offeso
più oltre non posso:
avanti andiamo
già l’aurora sorge,
miriadi di stelle impazzite
fuggono alla mia vista.
Aiuto ti chiedo
abbi un attimo, una pausa d’aspetto,
mio profondo e confuso pensiero.













Forse tu non hai ancora capito[5]



Getta la nera maschera
e guardami in faccia,
sarà stanco il tuo
ma è sempre un cuore.
Non pronunciare grandi parole,
cadde con me la retorica!
Vangato è il lungo sentiero,
marcite sono le foglie,
disadorno è il bosco.
Era sera d’estate quando partii,
il sole mi dette l’ultimo bacio:
solo mi trovai nel tramonto.
Oh! Come ardeva la vita
Quanta passione, quanta…
Forse tu non hai ancora capito.
Il vento allora m’accarezzo
Destandomi.













Silenzio


Quanto silenzio c’è intorno!
Solo adesso posso vederti:
tace la tua voce
ma ugualmente parla
al mio cuore.
Allora tutto rivive,
ogni ombra diviene persona,
pura e limpida la tua immagine
m’indica la via.

Sulla rocca di Gino di Tacco


Scesa è la notte
Grande è il silenzio,
dimenticata la natura dorme;
soltanto l’ombre vegliano
e tra i ruderi e gli alberi
con strane forme si raffigurano.
Lassù, nel firmamento
assiste tacita
la sospirata luna…
In questa quiete immensa,
il mio pensiero
vaga, cerca e scopre.








Come voli di rondini.


Notte,
oscura profondità.
Notte, dolce notte,
sterminata vastità
di muti sospiri,
dove le bocche s’agitano
con cechi sussulti.
Caldi corpi s’amano,
dita che s’intrecciano
disegnando arabeschi
come voli di rondini
all’infinito.

Già ora…

Non ti crucciare
o pensiero
se lontana stagione t’assale
e in un mare
di stelle t’annega.
Già ora l’autunno
mormora altra canzone
e dolcemente c’invita
a segreti abbandoni.









Cercavo la tua musica…


Poi crescendo il mio giorno
ho incontrato l’urto
d’un turbine ignoto,
che mi fa ripensare a te
con una sete strana di conforto:
cercavo la tua musica
che mi scendesse nell’anima;
ed era allora si una preghiera
la mia voce.



Oltre l’ombra


Non un soffio di vento
oggi è mancato
che pur non speravo.
Monotono e lontano resta
quale indistinto respiro…
Non un sogno
  una stella,
tutto e brusio
di cromatici suoni:
che m’accompagnano
oltre l’ombra della sera.







Con te soltanto.


Con te soltanto
vorrei vivere
io e tu soli,
assolutamente soli
nell’immenso universo.
E quando scende la sera,
oh! malinconica sera,
incamminarmi vorrei
nel segreto sperduto
dei silenzi:
e andare,
andare lontano con te.
O mia luna
pallida e solitaria.
O mia stella fissa
messaggera della notte
e di sogni:
quanta tristezza m’infondi
se i tuoi occhi scavano
sul mio cuore!


















Ripensando[6]


Quando la pioggia bagnava
I tuoi capelli d’oro
e dolcemente scendeva la sera:
occhi furtivi scrutavano
l’orizzonte, dove volavano
pensieri carichi
di sogni e speranze.
Allora tutto era bello,
anche la notte buia
accendeva luminarie d’argento
e non avevo paura…


















Ad un’amica

Non solo i profumi di lillà,
o il sapore dei “ blini “,
o il salire e scendere
per le scale mobili del metrò,
o il via-vai di pittori e poeti
sulla vecchia Arbat:
pensoso passeggiare
di speranze e illusioni…
Così breve è trascorsa
l’ora del desideio,
l’eterna illusione:
nell’attimo  di un incontro,
il tumultuoso ardore
dell’anima.
Solo adesso, una musica dolce
 il canto di Malinii
m’acquieta e mi consola
ripensando…
mentre il sole d’Italia
mi brucia sulla fronte.













Tra i colori della foresta

Più non chiamerai la tua cagnolina,
i tuoi occhi azzurri e grandi
non guarderanno più dalla finestra
il camminar delle genti sulla Prospettiva,
mentre sorseggiavi una tazzina di caffè
e fumavi l’ennesima sigaretta.
Quanti sogni e speranze…
quanti racconti…che ardori!
( tra quei due metri quadrati di cucina ).
Adesso tace per sempre la tua voce.
Cara, cara amica mia, la morte
batte con piede uguale le povere
 capanne e le torri dei Re.
Forse è il meritato riposo dopo la fatica?
Dresda[7], le isole Sachalin[8], comunismo…
Delusioni, dolori e speranze…
Ora tutto è finito? Chissà!
Nell’abisso infinito del tempo,
con te torneremo a Lubovna[9]
tra i pini e le betulle,
assieme passeggeremo, con Aldo e Carlino,
cercheremo ancora i funghi porcini,
fra i colori della foresta e gli spazi celesti
sopra il cielo di Vladimir
che Rublev un giorno dipinse.


Ballata per Juri.[10]

Nella gelida notte
abbandonato alle stelle
brancolando con vertigini
pensa e vede cose belle.

Juri sogna irreali visioni
mondi fantastici
Infinite emozioni

Juri è solo, solo, solo
senza un essere vivo intorno
luci fioche tremolano
nella sudicia via.

Juri sogna auto veloci
wisky e caffè
Jeans alla moda
scarpe e gilet.

Le sue labbra serrano
un ingiallita sigaretta
tanto alcool sul cervello
ed un rantolo alla gola.

Juri sogna un Angelo biondo
prati fioriti
l’azzurro profondo.

Sotto la fredda luna
ora dorme senza fine
due lampioni vegliano
dritti come candelabri.

Juri sognava le onde del mar
e cose belle
la libertà!
























…e quietamente t’accompagna.
( Ivgevsk 1991 )



Quando vorresti gridare al mondo
Il tuo sconforto,
quando l’anima è piena
di struggente malinconia:
pensa allora
ad una persona cara,
ai volti conosciuti,
alla luce d’una stella,
al tepore della tua casa;
così in crescente armonia
sentirai una musica
che dentro ti prende
e quietamente t’accompagna.



















Bella.

Bella,
semplicemente bella!
Bella e innamorata.
Bella e giovanissima.
Bella e semplice.
Bella quando parli.
Bella quando taci.
Tu assomigli al fiore
ancora in boccio
all’offerta del sole.
Bella
al sorriso della vita.
Ma non conosci, o bella
Il profondo miracolo
del tuo corpo
l’armonia dei sensi
l’infinita dolcezza.

















Accidenti! Così è

Un tempo non lontano
gli uomini osannarono
il tuo grande e terribile nome.
Per te gioirono,
per te lottarono,
per te soffrirono e caddero,
sempre con eterna speranza.
Oh! Mobilità perpetua delle cose:
oggi nel giorno del ricordo
sei rimasto solo.
Non più feste,
non più vastità di popolo,
non più sterminate parole,
non più idoli in processione.
Oh fugacità del tempo!
Solo sei rimasto
sul tuo piedistallo
imbrattato di porporina;
anche il lampione
spande aloni
di squallida luce
nella gelida sera.
Accidenti! Così è!







E la speranza appare.[11]
Cielo azzurro
verdi spazi
bagliori di cupole d’oro;
segni, ricordi del tempo,
di gesta, di vita e d’amore.
Ora uomini muti
vengono e vanno
alla ricerca dell’anima.
Ecco! Da Mosca un grido
E la speranza appare.


Attraversando la Valdorcia.
Attraverso d’agosto
dopo tant’anni la rinsecchita terra
della Valdorcia.
Riluce riarsa, assetata
la stoppia bionda.
Un brusio si disperde
per calanchi e colline:
è la cicala che si lamenta.
Vaga il pensiero…
dietro cavalieri al galoppo
bardati d’armi e d’elmi
rilucenti.
Là, verso Siena, s’accendono
I colori del tramonto.




Bacio dopo bacio.

Canta e canta
strozza il singhiozzo
solitario la cicala.
Vai e vai
sussurra caldo il vento
tra i querceti.
Ti bacio
ti bacio sotto lo sguardo giallo
del girasole,
ti bacio, ti bacio
sotto il silenzio compiaciuto
della luna piena
che albeggia la torre
della Badia,
ti bacio,
ti bacio amor mio
sulle labbra di cocomero rosse,
sugli occhi di cielo riflesso,
sulla bocca che sogna dolcezza…
Bella mia bella,
ti sgualcirò la veste
rotolandoti sui fiori del prato,
ti consumerò, bacio dopo bacio
aspettando l’aurora.








Notte a Alcamo[12]



Passeggia la luna
sopra il mare e la collina
 Sogno…
E’ la notte d’Alcamo
che biancheggia
 e rischiara
“ la stanza dei colori “
Iridescenti
danzano
sui grovigli delle reti,
sui volti dei pescatori,
sulle smorfie della sofferenza
dal pennello scolpiti
come epica odissea.

L’impossibile ritorno.

Va la mia barca leggera
Tra i canneti e le giuncaie.
Chino la fronte sulla mano
pensando alla casa natia.
Va la mia barca leggera
sul fiume: la luna fa capolino,
sogno le carezze del vento
e l’impossibile ritorno.





Per la morte di Tobia
( Marzo 2015 )

Tobia, mio grande amico,
adesso dormi eternamente.
Vivi nei miei sogni di
remoti mondi lontani.
Le nostre anime vagano
tra  il Tevere e la Sovara
come angosciati fantasmi.
Eri bello e vivace,
forte come un’antico guerriero
alla caccia della preda agognata.
Ora il lieve sussurro del vento
disperde per i sentieri dei campi
solitario il mio triste pensiero.



Vacanza siciliana

Alba chiara,
mormorii sconosciuti
 entrano in camera mia.
Brontola il mare
l’eterna melodia.
                             Laggiù
Castellammare del golfo
                             Sopra
biancheggiano le pietre
degli antichi teatri:
Il vento recita versi
Di Pindaro e Melagro.



L’abbagliante chiarore…
( Riserva dello zingaro – agosto 2008 )



L’abbagliante chiarore dell’estate
si riflette sulle rupi scoscese
e sull’onda appena increspata
da un soffio lieve di brezza.
Qua, sulla “ Grotta dello zingaro “
stregato dalla magia, penso…
Profondi, abissali echi sconosciuti
Sussurrano incompresi messaggi.
Ora che il mio giorno declina
mi chiedo: chi sono? Dov’ero
mille e mille anni fa? Dove andrò?
Dimmelo tu, gabbiano solitario
che Sali e scendi senza battere l’ali
mosso da un Dio sconosciuto
sopra questo mare che eternamente
mormora gioie e dolori.










Le due sirenette
( Capo S.Vito, Agosto 2007 )

Eccole! Imperlate d’arcobaleno
scivolano sull’onda spumosa
le due “ sirenette[13] “;
Intorno scintillio di colori,
vocii,
l’eco dei bagnanti
sale la roccia
e si disperde in
labirinti remoti.
Brancolano
tra sassi e sterpeti
misteriose leggende:
Lo “ Zingaro “ risale il sentiero
dove il bandito Giuliano
s’illanguidì al dolce tramonto
nell’ultima sera.














Poi la notte
( Capo S.Vito 2007 )



Appena il cielo s’ imbruna
e l’onda brontola sorniona
l’eterno sciacquio,
 il coniglio selvatico,
drizza le orecchie all’ascolto
e saltellando
tra il gibaglione[14] e la disa
s’accoppia con la compagna.
Poi la notte:
si lamentano i rapaci
sui recessi dei monti;
acquattata tra la ruette
furtiva e leggera la volpe
scivola via sulla spina bianca
e la risacca marina,
cercando la timida preda.
Le stelle gli  fanno occhiolino
sulla volta celeste.










Tanto a loro… Cossovo 1999


Non piangere bambino,
non piangere vecchio,
tanto a loro non importa niente!
Tu devi scappare, devi morire.
Stracciati  pure quei miseri cenci
e i tuoi occhi si dilatino
in un urlo infinito;
tanto a loro
non importa niente!
L’erba del selciato
è schiacciata dal carro armato
che sferraglia
tremendo e potente
sopra la staccionata.
L’aria è pregna di miasmi.
Dalla scienza invisibile
il sibilo giunge dopo le bombe
che a grappoli precipitano
come uva da vigna avvelenata.
Non rivedrai più la siepe di lillà
dove ti nascondevi giocando,
non respirerai più il profumo del giardino
dove furtivamente hai baciato
la tua ragazzina.
Anche l’orticello è stato bombardato:
tutto hai perduto
ma a loro non importa niente!




Quando i neri uccelli vomitavano fuoco sulla Sumeria, distruggendo la città di Ereck e Ur, destando dal lungo sonno Hammurabi- 1991 –




Cielo, acqua, terra,
rotondità vagante
negli spazi sederei.
Noi umani
appena un sospiro del tutto.
Nell’immensità del nulla,
il ripetersi all’infinito
di eterni sentimenti:
bene, male, odio amore,
sempre, sempre, sempre!
Nell’attesa d’un sogno
Che mai non muta.

Natale

Credenti o non credenti, oggi è Natale
il mondo assume aspetti di magia
l’amore e fratellanza oggi prevale,
di fanciullezza abbiamo nostalgia;
s’accenda dentro ognuno la morale
di comportarsi bene e in armonia:
condannando così “ il Dio quattrino “
amando e rispettando il tuo vicino!





Adolescenza
( ad Armida )
Fiore di maggio
bocca di lupo
che s’apre alla vita
nel tempo sereno.
Al grande viaggio
Il mondo t’invita.
Sei nuova, sei bella:
ma tu non lo sai,
c’è già chi ti guarda
più tardi vedrai…
Che bella stagione,
c’è tanto profumo
vaghezza e dolcezza
tu doni a ciascuno!



Squallore[15] ( Il sacrilegio di Torre Maura a Roma )

Pensieri peni d’angoscia
brancolano
fra le vecchie mura.
Si lamenta Gesù crocifisso
dall’altare della vecchia Badia:
vicoli bui, senza respiro,
senza pace
indicano il pane calpestato.
Squallore d’impoverita umanità!


DA L’ORTO DELLE RICORDANZE

( presso l’acqua viola di Gianfranco Giorni – 2010 – 2020 )

Quando viene la sera
su l’orto “ dell’acqua viola “[16]
guardo con nostalgia
il calare del sole
dietro la collina
e sento il mormorio del vento
sui rami del pioppo
e vedo le ombre apparire
fra i tralci di cocomeri:
allora mi prende
una languida malinconia
pensando che la notte è vicina…



Volo all’invisibile
( al’amico Gianfranco Giorni )
Ingarbugliati semplici arnesi

vegliano sulla bottega
 toccati dalla mano dell’artista.
All’acqua viola sorgono
visioni di figure dorate.
Riluce la bellezza!
L’Angelo e la Vergine Maria
con la bianca colomba.
Oh Prassitile e Lisippo
qui forestieri non siete.






Per la nascita di Bianca.

Anna, Cinzia, Katia,
Elisa, Erica, Armida,
Margherita, Teresa, Bianca.
Donne, donne, donne!
Come simbolo di dolcezza
e di pace.
Messaggio raggiante
di fantastica stella:
ecco, la Bianca è risorta.
Che gioia!
Miracolo del perpetuarsi
della via, della speranza
dell’amore infinito.

















Ricordi su l’orto dei cocomeri.

Oddio! Mi sussurrano dolci parole,
sogno e zappo, zappo e sogno…
Odore di terra bagnata,
il lamento del cuculo
la tortora che tuba sulla vetrice,
la rana che gracida sul fosso.
Tanti, tant’anni sono passati,
perché mi scuotete? Chi mi chiama?
Da lungi sento possente
batter del tempo
e vagabondo m’aggiro…
per i sentieri sperduti dei campi,
m’abbandono ai silenzi
della sera
ai tramonti incantati,
alla quiete dell’ora vespertina
lungo la sponda del fiume chianino.













Come il mondo d’un cocomero

E’ breve il tempo per vivere…
come il mondo d’un cocomero;
ma per me è immenso…
Con piacevole ore di quiete
scrutando la rugiada
sulle foglie aperte al mattino
con l’odore di fieno falciato,
al galoppo dei sogni
d’un tempo lontano…
laggiù
su quelle terre basse della Chiana.



Le due zucche

Le due belle stanno
fianco a fianco,
adagiate sulla terra bagnata.
Mute e non dicono
quello che hanno sul cuore












Canto breve del cocomero

Eccolo, nasconde fra i tralci
la sua rotondità:
rosso dentro, com’è
rossa la rosa di maggio
o la bandiera della rivolta.
Verde la veste, come quella
del solitario ramarro
nascosto tra le crepe riarse
del terreno assetato.
Pieno è il suo giorno
come una cosa bella
o un dono inaspettato.
Assieme al pomodoro e l’insalata,
accarezzato dal sussurro
del vento, tra il fruscio
delle spade di granturco,
ombrato dal cappello
del girasole,
sotto l’afa d’estate
che volge al tramonto
odo il suo canto.








Mugnanessi[17]

Verità o sogno?
Ecco il ragazzo scalzo
Che corre col vento,
l’eco della cicala sul pino,
il fruscio dei canneti,
appena lo sciacquio
sul singhiozzo
del Porciglione:
voci,echi, fantasmi
d’un tempo lontano.
Sono qua, dopo settant’anni
Col cuore gonfio di nostalgia.
Oh fugacità del tempo,
Oh mobilità perpetua di tutte le cose!

Ad Erica

Erica bella, quando leggerai[18]
quello c’ho scritto d’un tempo passato
spero, son certo, che comprenderai
delle radici, il vero aspetto umano:
così la vita meglio affronterai,
ripensando al passato piano piano:
susciterà al tuo cuore vivo ardore
dandoti gioia,pace, e tanto amore.











Il ritorno


Groviglio di sensazioni,
tumulto dell’anima
per un’esperienza vissuta
con occhi curiosi da bambio.
Ora…
l’ultimo addio,
col calore d’una mano amica
con l’eco di quelle voci andine;
dove il cielo lassù
palpida limpido di stelle
e le montagne corrono in fila
come onde giganti
di terra pietrificata.
Eccomi,
eccomi di ritorno con tutti i tesori:
“ salve mia bella madre,[19]
salve o gloria del mondo “
Di nuovo t’abbraccio,
sono a casa mia.





A Teresa nel suo primo compleanno


Com’è bello il tuo sorriso
dolce e sorprendente,
d’arcobaleno colorito
d’amorosi sguardi circondato.
Germoglio di primavera:
cieli stellati, mondi invisibili
si rispecchiano in te.
Bella e nuova
semplice e perfetta,
come una gioia improvvisa,
come un dono inaspettato:
nel tuo primo compleanno
i miei pensieri ti dedico
o mia piccola Teresa.


Guerra in Siria – 2018 –

Ancora l’urlo d’un Cristo
Inchiodato,
l’abissale strazio
intriso
di polvere avvelenata
d’un male indicibile:
Verdi foglie
cadono insanguinate
da l’albero appassito
dell’umanità!





Esmeralda

Sogno…una felpata zampetta
accarezza il mio orecchio.
Flebile giunge un lamento,
dormo e sogno
ancora
ancora la zampetta
ancora un lamento:
mi sveglio;
la gattina mia, guarda
silenziosa e fiera.
Allungo la mano
accarezzo la mia bella
Esmeralda.
Fuori già l’alba biancheggia.














All’amato Totò


Un morso improvviso
m’opprime il petto:
Totò, amato mio cane.
Nel fruscio delle foglie
cadenti d’autunno,
ora corri fiutando
nel tempo infinito.
Il vento e la pioggia
t’accarezzano il muso.
Bello, fiero e scattante
laggiù sui recessi del fiume,
sui coltri autunnali,
sugli anfratti del bosco
odo il frullio
e la gioia del riporto.
Addio amico caro,
negli anni miei tardi
vivrai  nel ricordo
d’un bel tempo felice.

Anghiari 12 /11/2019












La Battuta
Il bosco è tinto di giallo.
Mormora il vento
tra i querceti
e l’acqua che discende
per burroni e valli.
La terra emana
odori d’autunno
e di marcito fogliame.
Una muta di cani latra
tra fitti scopeti fiutando.
Nascosto sul fossato
con il cuore in gola…
Il cacciatore aspetta
L’agognato cinghiale.
Eccolo, eccolo!
Nero come il demonio
forte e ansimante
è il porco grifuto.
Tremendo esplode il colpo
che lo travolge
nell’ultimo rantolo.
L’eco dello sparo
si diffonde
in disperato lamento
per valloni e colline.







Pensieri di “ Quarantana “

Nel romitaggio della vecchia casa
accanto all’antica “ Badia “*
ombre incappucciate brancolano
In un silenzio opprimente
nel buio della notte.
Il pensiero vaga tra sogno e realtà.
Come siamo piccoli e poveri!
Dov’è la nostra grandezza?
La nostra forza trionfante?
Su, potenti del mondo, perché
non sparate le nostre armi da sterminio
contro il nemico invisibile?
Qua, rinchiusi nelle nostre stanze
finiscono le vane illusioni
e le insensate certezze.

29-marzo-2020

·        Badia Camaldolese, la prima chiesa d’Anghiari.













  Ottave a l’orto delle “Ricordanze”
Parte I
Estate 2013
Di sangue contadino assai lontano,
la mia famiglia sotto il Gran Ducato, (1)
nella “Bella Tenuta” di Dolciano,
a mezzadria faceva il lavorato
dalla collina al lago giù sul piano,
a testa bassa e collo piegato:
le condizioni eran tanto meschine,
ecco le mie radici contadine.

L’orto lo chiamo “Delle Ricordanze”
per non obliare mai le mie radici,
In Val di Chiana e nelle vicinanze
dove io nacqui ed ebbi tanti amici;
di quei tempi mi parlano l’usanze,
quando non c’erano  le falciatrici:
e con fatica allor si lavorava,
poco ma  genuino si mangiava.



*°*°*°*°*°*°*°*°*°






1-      “Già discendendo l’arco d’i miei anni”                       
assai deluso da tanto  progresso,
per evitar problemi e molti affanni
a coltivare l’orto mi son messo
in questo luogo che più di mill’anni (2)
girò  la pietra con l’acqua del fosso
presso la casa di Gianfranco Giorni,
che se ci vieni sempre ci ritorni.

2-     Alla mattina quando sorge il sole
danzano scintillii di colori,
scendon dal pioppo brusio di parole,
lungo il Tevere un velo di vapori,
il canto del cuculo par che duole
e  gli uccelletti qui fanno l’amore:
il verdeggiar dell’orto mi consola,
mi sento tanto bene “all’acquaviola”.(3)





3-     Gian Franco, uomo dotto e preparato,
l’arte della scultura fa il suo vanto;
tien sempre il prato verde e ben rasato,
alla forma e bellezza tiene tanto;
intorno a lui vorrebbe che il creato
si sublimasse in forma d’un santo:
ma  gli imbecilli che lui non ama
gli hanno tappato tutto il panorama!



4-     Di giorno in giorno lui s’incupa  e cruccia,
vedendo il bello in brutto tramutare,
tante amarezze sul cuore ammucchia
che il pensiero non può accettare;
quel brutto capannone è una macchia
che la sua mente non può cancellare:
a tal simili scempi non si perdona,
di ciò tant’ore assieme si ragiona.


5-     Il salice fa ombra, ed il suo viso
una lama di luce lo rischiara,
parla con proprietà ed è deciso
alla battaglia che bene prepara;
molti  siamo dello stesso avviso,
per la difesa d’una cosa rara:
che ogn’uno ormai più spesso sente
di tutelare, salute, terra, ambiente.

6-     Così  adombrato da mattina a sera,
trova la pace nel laboratorio;
modella  ad arte i bronzi con la cera
e alla fine esce fuori il tesoro,
bollente e rosso dentro la zuppiera,
con scoppiettanti fuochi color d’oro:
poi , l’impurità con arte sfronda
ed ecco! Una bellissima colomba!






7-     A l’acqua Viola sorride ogni cosa
dal prato a l’orto al cielo a la collina
quando ci sei la mente si riposa
ogni cruccio o brutto pensier declina;
il merlo sulla querce si posa
e l’usignolo canta sulla cima:
Lante, la cagna con me ragiona
Intelligente più d’una  persona!



8-     Ore belle passiamo in compagnia,
approfondendo  temi con ragione,
Franco modella vergine Maria
e  l’angel bello dell’annunciazione
indica a dito la celeste via
per dare a tutti noi la redenzione:
e nell’amenità della mattina
tolgo l’erbacce e do una zappatina!


9-     In questo mondo tanto tribolato,
  di giorno in giorno il bene s’allontana
  dentro di noi abbiam dimenticato
  del giusto viver la vita nostrana:
  ciò che un tempo ci venne insegnato,
  che l’onestà  non fosse cosa vana:
  col consumismo tutto, tutto piace
   ma non sappiamo più cos’è la pace!




10- Forse saranno gli anni o l’esperienza
   d’una vita vissuta tra le genti,
   perché mi morde dentro la coscienza
   nel costatare certi avvenimenti
   privi d’umanità e d’intelligenza,
   come se fosser morti i sentimenti:
   penso,  che sia stata una sciagura
   avere  bistrattato la natura!


11- Come posso esprimer  le meraviglie
del sol che sorge dal monte di dietro?
Miriadi di colori con scintille
se lo sguardo rivolgo allo “Sterpeto”;
sulla collina dormon tante ville
che resero al romano il tempo lieto: (4)                                                    
intanto annaffio e zappo, il raggio in viso
com’Angelo mi sento in Paradiso.

12- Poi, se ripenso a tanto rumore…
quando credevo di cambiar le genti (5)
quell’esperienza d’amministratore
ha smosso dentro me mille correnti;
la cultura doveva esser il motore
per arricchire i nostri sentimenti:
ma col pensier d’abbatter la miseria
prodotto  abbiamo solo la  materia!





13- Mercati, ristoranti e snack bar
fabbriche,capannoni e discoteche,
in massa tutti quanti a recitar
il consumismo come talpeceche,(6)
ogni danna vuol  esser ‘na  star
il giovan all’orecchio le “greche”:
questo è il costume ed il modo d’agire
non conta il vero, conta l’apparire

14- L’esempio di ‘sto mondo scellerato
ce l’hanno dato quelli del “Palazzo”
invece d’educar hanno insegnato
ad arricchirsi e viver nel sollazzo;
il gretto e prepotente è premiato
a l’educato e giusto lo strapazzo:
immiseriti son tutti i mestieri
dai portaborse, ladri e faccendieri.


15- Tutti agghindati da l’omologazione
perdemmo il vero  e la genuinità,
l’idolo sommo , la televisione
e  ben sublimati di pubblicità;
cessò il cervello d’ogni paragone
e non sapemmo più la realtà:
oddio! L’acqua mi sta procurando un guaio,
ha inondato tutto lo zuccaio.






16- Or son molt’anni che mi ribellai (7)
ai soprusi  e all’imposizioni,
così m’accorsi e poi ne costatai
che i bei discorsi eran pie illusioni;
da quell’esperienza cominciai
con l’occhio e veder altre visioni:
finito il tempo era della riscossa
e non cantammo più “Bandiera Rosa.


17- Ventisei  giugno di primo mattino
zappo  l’erbacce nel mezzo dell’orto
oh! Meraviglia c’è un cocomerino
che fra i tralci se ne sta nascosto,
lo muove il vento e fa capolino
fra foglie e fiori, che faranno presto:
e nasceranno tondi  con vigore
per sprigionar dentro il suo rossore.


18- Quest’anno è andata male la stagione,
le nubi hanno pianto in quantità,
procurando alla terra una cagione
ma la natura sa quello che fa
e sono certo che la vegetazione,
darà i suoi  frutti maturi a sazietà:
solo l’umano provoca tanti guai
ma la natura non tradisce mai!





19- Mi siedo e poggio il mento nella mano
ed estasiato osservo l’orto in fiore,
poi col pensier vado un po’ lontano
a tante cose fatte con amore;
rivedo i volti amici piano, piano
ripenso al Premio e al suo valore (8)
quando ad Anghiari la fucina d’arte
cultura propagava da ogni parte.

                 
20    A questo mondo tutto s’interrompe
come scrisse Francesco, l’aretino,
son tutte vane cose, nostre pompe
che affrettano sempre più il declino;
ma quando l’uomo l’equilibro rompe,
cose nefaste porta al suo cammino:
bisogna sempre guardare alle stelle
per costruire e fare cose belle!



21    Si può gioire per un filo d’erba,
stupirsi al luccicar della rugiada,
fare il bambino con ‘na mela acerba,
camminar scalzi nella bianca strada;
tante emozioni l’orto mi riserba
che ogni lavoro sempre più m’aggrada:
ci vuole poco per esser contenti
e dare  pace ai nostri sentimenti.




22    Annaffio,  zappo e la schiena reclino,
respiro odore di fieno falciato,
rivedono i miei occhi lo zi’ Gino (9)
che coglie i pomodori inginocchiato
e i dispetti di quel ragazzino…
che rallegrava tutto il caseggiato:
non stava fermo mai un’istante
s’arrampicava sempre sulle piante.


23    M’assale allora una malinconia
e la mia mente vaga nel passato,
la giovinezza fu tutta armonia
quando con Anna ero fidanzato;
di quegl’anni sento la nostalgia,
tutto ho presente, non dimenticato:
di ricordar quel tempo mai mi stanco            
e di  quei baci al “Cavallino Bianco”! (10)


24    Ogni cosa oggi fugge come lampo,
rimane poco tempo per pensare,
tutti siam fatti con l’unico stampo,
e ci moviamo come onda di mare.
Ho scelto questa vita fin che campo,
vivo felice  col mio lavorare:
m’accontento del poco e genuino
e non mi cruccio se non ho quattrino.





25    Ho fatto tardi e il mio tempo vola,
devo far fronte agli impegni presi;
Gian Franco parlerà “dell’acqua viola”
e  i progetti dei  Camaldolesi,
che con gran lavorio di carriola,
resero campi ampi e ben difesi:
dopo d’aver  per bene l’acqua tolta,
ma di ciò parleremo un’altra volta.


Note al testo.


1-Dolciano,comune di Chiusi (SI) una delle 13 fattorie Granducali.
2-L’acqua del fosso: la “reglia dei mulini” dove si macinavano le granaglie con la mola di pietra.
3-Acquaviola: la “Reglia dei mulini” chiamata così, forse per il colore del guado che veniva messo a macerare, o come pensa Gianfranco Giorni, da attribuirsi al nome di una Dea dimorante presso le sorgenti del Tevere.
4-“Sterpeto”:sulla collina d’Anghiari sono ancora evidenti tracce di antiche ville di nobili romani.
5-Cambiar le genti: mi riferisco al mio impegno politico-amministrativo.
6-Talpeceche: mammiferi appartenenti alla famiglia dei Talpidi.
7-Che mi ribellai: alludo allo strappo avvenuto nel 1988-89, con i dirigenti del PCI di Arezzo, per il progetto turistico di Albiano.
8-Premio e al suo valore: “Premio Internazionale di Cultura”promosso da Comune di Anghiari dal 1978 al 1992.
9- Lo zi’ Gino: il mio zio che faceva l’ortolano per la fattoria di Dolciano.
10-Cavallino Bianco: nome del cinema a Chiusi Stazione dove negli anni 1953-1954 andavo con la mia fidanzata Anna Maria, ora mia moglie.



domenica 4 agosto 2013





Da “ l’orto delle ricordanze”: II parte
2014



1-     Caro Gianfranco il tempo passa e vola,
           fuggono via, giorni, mesi e gli anni;
           eccoci qua di nuovo “all’acqua viola”,
           a confessarci dubbi e molti affanni;
           però la buona terra ci consola,
           ogni stagione torna co’ suoi panni:
           non mente quasi mai, madre natura,
           se dedichiamo a lei buona premura.






2-     E riprendendo da dove lasciai,
il gran lavoro dei Camaldolesi,(1)
per alleviar le pene e molti guai,
ai fuochi che Anghiari erano accesi,
di miglio e grano empirono gli stai
il Tevere voltarono ai borghesi :(2)
Facendolo alla piana sentinella,
così la vide Piero(3)verde e bella.





3-     Il mio dir non è fiore all’occhiello,
ma meditare su certi errori:
non distinguiamo più il brutto dal bello,
riuniti a branco di consumatori;
della Terra abbiam fatto un bordello
sfamando l’appetito ai costruttori:
per l’interesse, tutto s’è sfruttato,
così l’ambiente abbiamo devastato.

4-     Tempeste, alluvioni e carestie,
non son gli Dei a compir tali scempi,
son le nostre ingorde bramosie,
di ciò potremmo fare molti esempi
ma continuiamo a dirci le bugie,
pur sapendo tradire i sentimenti:
agiamo come ciechi brancolanti
senza veder la morte ch’è davanti


5-     Tanto s’è avuto e tanto s’è distrutto
con la pretesa d’arricchir la gente,
mentre ora zappo mi sovviene il tutto
l’errore del passato e del presente;
col trasformare il bello con il brutto,
questo è progresso? Che non vale niente:
materia abbiamo dato ai nostri denti
pagata col dolor dei sentimenti.






6-     Tutto vogliamo,tutto si consuma,
giunti siam al punto che non c’è ritorno,
vogliamo soldi, onori, gloria e fama,
bruciamo il tutto, giorno dopo giorno
non ci accorgiamo mai di quel che chiama
aiuto alla miseria ed al bisogno:
fermiamoci un momento e ripensiamo,
mettiamo in comunione ciò che abbiamo.


7-     Si drizzano i capelli e strido i denti
di fronte al capannone costruito,
il concepirlo è stato da dementi
e matto chi il progetto ha autorizzato;
ma dico io, di quali sentimenti
è il cervello di costor nutriro?
Su via, Gianfranco, guarda d’altra parte,
continua la scultura e vivi l’arte!



8-     Umile narrator della natura,
racconterò come coltivo l’orto
con le mie mani e con molta cura
seguo le piante sin fino al raccolto,
lavoro con piacere e con premura
con il sudore che cola dal volto:
poi vedo maturar tutto d’un tratto,
così appagato son di quel ch’ho fatto.




9-     A coltivare l’orto invito tutti,
per riveder gli insetti sopra i fiori,
per cogliere dai rami i dolci frutti,
mirar cangiare l’ombre e i colori;
prati con la rugiada oppure asciutti,
di madreperla l’erba ai primi albori,
nell’anima s’accende una gran fiamma:
ti voglio bene o Terra come Mamma.


10-  Che meraviglia lo sbocciar d’un fiore
o il mormorio del vento sopra il prato,
o le ruote d’un carro alle prim’ore
su quel sentiero tutto acciottolato,
gustare d’un cocomero il sapore,
correre scalzo ho sempre ricordato:
perché, perché ho in testa il ritornello
della mia infanzia e di quel tempo bello?


11-  E come potrei mai dimenticare
Il buon sapore d’un fico dottato?
Che luccicando sta per sgocciolare;
mi viene l’acquolina sul palato,
il fico mi fa sempre ricordare,
la fanciullezza e quel tempo beato:
quando il nonno faceva il contadino
di fichi mi riempiva il panierino.







12-  Su via, or vado a concimare
e preparar terreno per le piante
ieri mi son stancato di zappare
per seminar la zucca rampicante:
è l’agenaria ch’è trà le più rare
per innestar l’anguria è la portante:
le piante cresceranno sane e belle
con grossi frutti su per le “guidelle”(4)


13-  Se chiudo gli occhi penso e mi rivedo
scalzo correndo su steccie(5) di grano,
sento la voce del mi’ babbo Alfredo
che parla col fattore di Dolciano,(6)
poi sotto il pioppo grande mi siedo
e guardo un raspaticcio d’un fagiano:
e cerco di non fare nessun guaio
se rubo un po’ di tutto al “poponaio”(7)


14-  Oh… se potessi aver quelle certezze
quella baldanza della prima età,
della mamma le dolci carezze
e i tanti sogni di felicità.
Sempre ho davanti le tante bellezze,
dei bei tramonti e dell’oscurità:
le corse poi su quei lunghi viali
a sera nel rimenar maiali.(8)
    






15-  Le novità presenti in Vaticano
llietano la mente oltre misura;
Papa Francesco giunge di lontano,
gesti, sguardi, amare ogni creatura,
semplice parla, carezza con mano,
ricorda bene il Saio e la Cintura:
attorno a Lui tutto si fa più bello,
vera rincarnazion del Poverello!


16- Mentre annaffio le zucche e l’insalata
mi salgono alla testa ‘ sti  pensieri,
coi notiziari poi della giornata,
fatti di ladrocinio e masnadieri;
rubano tutto a piena manciata,
senza mai tema dei carabinieri:
neanche la finanza è più fedele,
rubano pure il fumo alle candele!


17- Cosa possa fare il” fiorentino”
In queste brutte e serie condizioni?
Anche i compagni sbarrano il cammino,
nessuno cede, non ci son ragioni:
Matteo, prima che avvenga il tuo declino,
con limpidezza, dai le dimissioni:
gl’italiani che vogliono  il cambiamento,
di voti ne daranno un bastimento.






18- Vorrei non pensare a certi scempi
e dedicarmi a l’orto e al giardino
però ci son massacri in questi tempi(10)
che uccidono sia il vecchio che il bambino;
d’odio razziale ci sono molti esempi
che fanno l’uomo bruto e meschino:
speriamo che quel tempo ‘n sia lontano
che l’Arabo e l’Ebreo si dian la mano.


19- Cattivo è il tempo e c’è la tramontana
cade la pioggia in continuazione
soffre il tralcio della Valdichiana,
lenta e sofferta  la maturazione,
la “scocomerata” s’allontana,
a fine agosto è la previsione:
ma son convinto già fino d’adesso,
che cocomero e porchetta avrà successo!


20- Gianfranco da quel “mostro”(11) amareggiato
sta modellando una crocefissione,
quando lavora si sente quietato,
ci mette dentro tutta la passione;
ben si nota sul Cristo flagellato
tanto dolore e una triste visione:
sempre lo sguardo al capannone fisso,
rafforza il patimento al Crocefisso.







21- Otto d’agosto, l’orto da i suoi frutti
Insalata, zucchine e peperone,
cetrioli, cipolle, pomodori ci son tutti;
è andata meglio della previsione.
Cocomeri son grossi come botti,
malgrado l’avversità della stagione:
bella è cresciuta anche la melanzana
ed il gigante(12) della Valdichiana.

22- Pannocchie di granturco e girasole;
sorriso vivo giallo in mezzo a l’orto,
lieve sospira un venticello debole,
godo e ricordo…rimanendo assorto,
respiro un’aroma piacevole,
passan le ore e non mi sono accorto:
perché l’orto m’appare animato,
osservo il tutto e rimango incantato.

23- Se guardo poi nell’ora del tramonto,
l’ombra s’adagia su l’erba del prato;
dallo “Sterpeto”(13) un raggio viene incontro,
tingendo il casolare di dorato,
pare che la natura si dia conto,
così ci mostra ben tutto il creato:
l’animo mio s’acquieta e trova pace,
ogni brutto pensier sparisce o tace!







24- Spero che i versi miei volino via
e giungano a color ch’hanno lo “scettro”
per invertir questa stagione ria,
che nel futuro ci sia più rispetto.
Ridefinir nuova filosofia,
credo che l’uomo d’oggi sia costretto:
viver con la natura più vivino
ed arrestar questo brutto declino.



25- Termino qua le mie meditazioni,
i miei ricordi dell’infanzia bella,
continueranno in altre dimensioni
dell’Universo, forse in qualche stella;
ciascuno tenga proprie convinzioni(14),
e non importa a quale Dio s’appella:
son le prim’ore e tutto l’orto tace,
abbraccio ogni creatura e auguro pace!







15/agosto/2014- ultima ottava scritta nell’orto alle ore 7,45.






V  E  R  S  I               S  C  H  E  R  S  O  S  I

+*+*



Nel 1990-91, all’epoca della “ Perestrika “ di Corbaciov, io, Carlo Alberti, Aldo Della Ragione, andammo in Russia, per commerciare i funghi porcini. Nella lunga attesa della raccolta, in casa di Sascia Alessandrovana a Vladimir, scrissi queste ottave scherzose.


“ Nella patria di Baffone “


Al pensier dell’agognato porcino
col desiderio di far buoni affari,
partiti sono  in tre da Fiumicino
lasciando rattristati i loro cari.
Purtroppo non conoscono il destino
che lì attenderà, là, fuor d’Anghiari:
ed ora a spese lor stanno imparando
a casa di “ Baffone “ soggiornando.


Carlino e Franco sognano sperando,
di volontà armati e di passione,
ogni novità stanno osservando
per affrontar qualsiasi situazione;
foreste, villaggi, i due vanno cercando,
il momento migliore e la stagione:
il vento, il sole e tanta bonaccia,
ma del porcino non si trova traccia!


Guardando il cielo e alzando le braccia
e l’uno all’altro dice: <Vorrei >,
Franco tira giù una parolaccia
E se la prende tutta con Serghey[20]:
< che di venire in Russia a voi piaccia
a prendere i porcini anche i miei >,
col suo modo d’agire ci ha gabbato,
ed or paghiamo tutto il noviziato.


Insieme i due tanto hanno perlato
facendo appello al toscano sapere,
esaminano le cose in quello Stato
facendo anche gli affari da sedere;
tante persone in casa hanno incontrato,
l’arte del fungo Carlo fa sapere:
più punti di raccolta e la cottura
se nascono i porcini è trebbiatura!




Or le preghiere vanno alla natura
che ci aiuti a far dei buoni affari
per riveder fortunati le mura
dove s’arrocca la stupenda Anghiari.
Se non piovesse sarebbe jattura
E per noi tanti8 bocconi amari:
a disperare ormai a nulla giova
con la speranza che domani piva.





Vogliamo raccontar qualcosa nuova,
il tempo ce lo abbiamo da sprecare
che oziando, gira, cerca, pensa e trova,
nella Dacia[21] di Sascia ad orteggiare;
fragole,lamponi, il tutto giova
alle povere bocche da sfama
Frango ingordo a mangiar si mette
Vorace come mille cavallette!


Coloro che si trovano alle strette
tutto il giorno non sanno cosa fare,
l’impegno a disposizion si mette
per poter la russa lingua imparare.
Intanto di pan bianco cento fette
con biondo miele, Franco sta a splamare:
gli balza a centonovanta la pressione.


Di questo stato non si dan ragione
non potendo sfruttar la loro arte,
logorante è l’attesa e la stagione,
finiscono per giocare con le carte;
tra i due non c’è nessuna spartizione,
Franco non sa tenere la sua parte:
stravince Carlo nel gioco a tre sette,
e molto male per l’altro si mette.


Passa il tempo e son le terre asciutte
pensa e ripensa, gira che ti giro
città, villaggi,cose belle e brutte
ogni vaghezza o novità rimiro,
credo che l’abbian pensate tutte,
alfin la sera ce ne andiamo in giro
lungo la prospettiva Igor Niesky
che immette nella piazza Puttanesky.





Cammini e non sai cosa cerchi,
così rimango in casa a meditare,
di quante stravaganze e quali scherzi
che mai avrei potuto immaginare,
io mi sentivo ugual per tutti versi
e fatto di mia vita un gran sognare:
che comunismo era l’avvenire,
or che lo vedo mi sento morire!

Ma se racconterò chi vorrà udire?
La verità fa male e rompe i sogni
Ma tutti al mondo si dovrà reagire
Per soddisfar dei popoli i bisogni,
i governanti poi dovran capire
e metterev da parte i lori disegni:
tutti assieme darsi più da fare
per dare ad ogn’uno da mangiare.



Cosa, per loro noi possiamo fare?
Difficile l’impresa alla bisogna:
fatti, esperienze, noi bisogna dare
al cittadin Serghy che più non sogna…
Solamente così possiamo aiutare
per togliere di torno la vergogna:
ormai che importa chi avea ragione?
O se fu giusta la rivoluzione?



Ogni persona vuol la comprensione,
degna la vita per esser vissuta
per settant’anni tutta una questione…
e tanta, tanta gente detenuta
senza la pur minima ragione,
rinchiusa al confine trista e muta:
or Corbaciov ha pronta la riscossa
senza cantare più “ Bandiera rossa “!



In questo mondo cosa mortal passa[22]
Come scrisse Francesco lo’aretino;
nulla noi siam né singolo né massa
la storia deve fare il suo cammino;
nuova generazione, l’altra passa
alla ricerca del proprio destino:
e sempre ciascun vanta ragione
credendo più giusta sua opinione.



Non voglio continuare il sermone;
stonato ho il verso, la mia vita è corta…
non ci sarà nessuna conclusione,
sempre qualcuno busserà alla porta..

Finalmente ha piovuto a profusione,
i funghi nasceranno d’ogni sorta:
abbiamo pronti già grandi stivali
per camminar da Vladimir agli Urali[23]








Alcuni fugaci ricordi del “ Campino di Toppole “ 2000-2003.


*+*+*
“A ‘U Peppe

Maestro di sapori, grande sul gesto,
prepara pizza con arte rara,
l’alza, la tira la riprende lesto
come una luna bella la prepara;
piena di funghi, prosciutto e cacio fresco,
io ve lo giuro che sempre la varia:
l’arte sua egregia giunge da lontano:
evviva “ U Peppe “ lo napoletano!




A Natascia la Sovietica



Cheta, cheta svolge il suo lavoro
prepara gli antipasti coi crostini,
d’ogni consiglio sempre fa tesoro
per guadagnare bene i suoi quattrini.
Si muove lentamente e con decoro
sdegna d’andare presso ai tavolini:
saluti tanti da noi gente tosca
a te Natasciam che vieni da Mosca!



A Paolo Tamburini

Porta la pizza calda ai tavolini,
poi senza meta qua e là rigira,
cerca di fare gesti sopraffini,
si guarda attorno se qualcun lo mira.
Il bel fusto è Paolo Tamburini,
che di far pizze egli assai spira:
se al duro lavor non avrai duolo
diventerai un bravo pizzaiolo.





Alla padrona del vapore Cinzia.


Tutta agghindata, lustra e sorridente
di qua, di là, si muove per guardare
che non accada qualche inconveniente
che al cliente lo possa turbare;
dalla cucina, in sala, ai forni è presente…
è lei che deve il tutto pilotare:
spesso s’arrabbia ma presto perdona
fatta così e la Cinzia o la padrona!




Ad Anna “detta la Babbiona”

Con brontolio perpetuo ad alta voce
lavora più d’un mulo di montagna,
lava, rilava e la pietanza cuoce
e di continuo sempre fa la lagna;
gli stai vicino e più ti mette in croce
< che di carrette devo portar legna >
Avete capito di chi sto parlando?
Di Donna Anna che sta lavorando!




Alla piccola Armida

Armida con fragore e con schiamazzi
di buono umor fa la trattoria
qualche volta ci fa uscire pazzi
è un turbinio di salti e d’allegria.
A margherita prende i suoi pupazzi
Però si fanno assieme compagnia:
il ricordo vi sarà sempre vicino
quando sarete grandi del “ Campino “!!









A me stesso

Il vecchio prepara bene i dolci fini:
ciambelle, cavallucci,e pampepato
l’arte del dolce per lui non ha confini,
in politica non è più candidato,
certo, lo sa, che non farà quattrini;
per certi affari lui non è portato:
la sua carriera è quella di “ Grencone “
che andò via furbo e ritornò coglione!







++++++

1-I frati Camaldolesi bonificarono nel XII sec la pianura di Anghiari, spostando il Tevere vicino a  Sansepolcro.
2-Cittadini di Borgo Sansepolceo.
3-Piero Della Francesca: grande pittore del IV.sec.
4-Le guidelle sono i rami che crescono sul tralcio principale della pianta di cocomero.
           5-steccia – residuo del gambo di grano dopo la mietitura.
           6- Dolciano, una delle 12 fattorie Granducali
           7-Il poponaio era l’orto dove il contadino coltivava i meloni e i cocomeri.
          
          8- Quando la sera ritornavo dai campi con i maiali, essi correvano veloci per arrivare per primi al “trogolo”, io correndo assieme a loro, improvvisavo la radiocronaca dell’arrivo di tappa, scandendo ad alta voce il nome d’un ciclista di quel tempo 1949-50-,( Bartali, Coppi, Magni, Koblet, Bobè ecc.) che avevo dato a ciascun maiale.
           9- alludo agli impegni politici-amministrativi.
         10- i massacri che avvengono in Palestina, Iraq e Ucraiana.
          11- mostro: il capannone in blocchi di cemento costruito davanti casa sua.
         12-Il gigante della Valdichiana è il cocomero di Fonte a Ronco, riprodotto dopo 50 anni.
         13 - Sterpeto. Caseggiato sulla collina d’Anghiari
         14- Vorrei sperare che dopo esalato l’ultimo respiro, l’anima si trasferisca in altre dimensioni alla velocità non di 360000 Km. al secondo ma di miliardi, tanto da raggiungere mondi a noi sconosciuti.









[1] Ripensando alla chiesa gotica-normanna di Palermo, mentre fugacemente osservavo una donna in cinta che pregava.
[2] Invisibile: il Corona virus che seminando morte dappertutto.
[3] In segno di comunione e di lotta al male; nelle città deserte per la quarantena, i cittadini s’uniscono nel canto e nella musica.
[4] Apollo X-Impresa spaziale .1968
[5] Sul luogo dove un giovane della Resistenza di Radicofani, venne fucilato dai tedeschi.
[6] Ivgesk- Russia – 1991 –Dopo un sogno che ricordava i primi incontri con Anna.
[7] Dresda –Città tedesca dove Sandra entrò da pioniere con l’esercito dell’Armata Rossa nel 19458.
[8] Le isole Russe; Sandra partecipò alla guerra in qualità di aviatrice contro il Giappone,
[9] Piccolo villaggio a quaranta chilometri da Vladimi, dove andavamo a cercare i funghi porcini.
[10] Vladimi, novembre 1991. Da una esperienza vissuta.










[11] Vladimir –  19-08-1991, ore 11- Avvenimenti che posero fine al comunismo.
[12] 11/03/2001 - Dormendo nello studio del pittore Enzo Di Franco.
[13] Armida e Margherita.
[14] Gibaglione e disa: erbe tipiche del luogo.
[15] Torre Maura, quartiere di Roma, dove calpestarono il pane che avevano portato ai poveri sfrattati.
[16] Acqua viola: antico fosso che dava l’acqua a 15 mulini.
[17] Mugnanesi: piccola frazione del comune di Castiglione del Lago, dove abitavano i nonni materni.
[18] Leggerai: il mio libro “ I racconti della Chiana “
[19] Francesco Petrarca:epistole metiche.

[20] Nostro interprete.
[21] Dacia. In questo caso, piccolo sgabuzzino per il ricovero degli attrezzi del misero orto
[22] Francesco Petrarca: il trionfo del tempo.
[23] Nella città di Ivghesk, negli Urali, il sei novembre del 1991, acquistammo 72 quintali di porcini secchi