Zibaldone
Poetico
Dalla
Badia Camaldolese d’Anghiari
1
Le
tue mani
Io
l’ho sentite
questa
notte
disegnare
arabeschi
sulla
mia schiena.
Adesso
dormi lontano
e
vorrei spalancare
I
tuoi pugni chiusi.
Come
rondini
le
nostre mani
s’incontrerebbero
ancora:
ma
posso solamente
guardarti
dormire
aspettando.
E’
già quasi mattino
alla
Badia.
2
Davanti
alla Badia
le
pietre sognano.
Sulle
mura della Badia
la
luna fa capolino.
Chissà
da dove giunge
un
suono d’organo antico:
Tutta
la notte
languo
di nostalgia.
3
Nella
solitaria Badia
non
incontro nessuno
ma
odo l’eco di voci umane.
Obliqui
raggi entrano
sul
portico antico,
riflessi
ombrati muovono
al
finire del giorno.
Fredde
appaiono le case,
un
uomo solitario
s’attarda
ancora:
nulla
conosce dei segreti…
e
ascolta muto
un
mormorio di preghiere.
4
La
notte è profonda,
la
luna rischiara i tetti,
della
Badia.
Odo
il respiro del vento,
l’aria
tiepida di primavera
porta
voci d’insetti e ricordi…
Le
antiche cose sono passate
eppure
ancora m’inseguono
galoppando
i sogni:
uno,
cento, mille e mille
come
fiumi fluenti
come
tamburi li sento
che
mi scavano dentro.
5
Il
gelido vento di tramontana
taglia
come un coltello affilato
le
mura della Badia.
Deserta
la notte,
inerme,
sorda ai richiami
di
limpide stelle fluttuanti
alla
deriva di freddi cieli sterminati.
Passano
ombre segrete,
hanno
luci di lanterne
e
drappi antichi
mute
appaiono
e
silenziose fuggono via
prima
che sorga il giorno.
6
Pascola
la luna
sui
prati celesti
divorando
crateri
d’angoscia
e d’amore.
Battono
le ore
alla
Badia…
Oh…
se potessi fermare
Il
pensiero nella notte;
fissare
l’azzurro del cielo
in
crescenti sguardi.
Sono
solo
con
la parola muta in gola,
senza
un gesto concreto,
nell’assurdo,
nell’illusione
di
fuggire lontano.
7
Alla
Badia le pietre millenarie
ricevono
colpi di sole.
Alla
Badia le pietre restituiscono
calore
e memorie sepolte.
Alla
Badia c’è una culla:
La
piccola Armida Mirine
ascolta
l’eco di ninnananne lontane…
Il dolce vocio del borgo
soavemente
la trastulla.
8
Già
è l’alba.
l’ultime
ombre
dileguano
come
sogni.
Veli
biancastri
annebbiano
la valle.
L’aria
intatta
avvolge
bel silenzio
la
Badia:
ancora
posso sentire
Il
respiro
di
calde bocche umane.
9
Gocciolano
i tetti
della
Badia.
E’
notte,
seguono
pensieri
colmi
di nostalgia.
Sto
bene
nella
vecchia casa:
ascolto
una musica antica
che
m’accompagna
fino
ai pallidi
colori
del giorno.
10
Ed
ecco, le voci si spengono
si
dileguano
le
ultime luci alla Badia.
Presto
apparirà la luna
a
illuminare i tetti
delle
vecchie case.
Effimere
illusioni
mi
ubriacheranno
anche
stanotte:
così
andrò sognando ad occhi aperti
aspettando
l’aurora.
11
Alba
chiara alla Badia,
aloni
di vapori bianchi
strisciano
sopra la campagna.
Da
un’antico pertugio
m’affaccio
su porta Santangelo;
i
tetti ancora addormentati
spandono
riflessi di luce.
Sauri
d’armi bardati
e
di pennacchi
galoppano
sulla “piana “,
poi
come ombrati fantasmi
veloci
corrono via.
12
Chiara
è la notte alla Badia,
dal
cielo senza nubi
la
luna rischiara la mia stanza.
Vorrei
levare un accorato
canto
d’amore
come
una preghiera nella sera:
ma
nessuno c’è che m’ascolti.
Vegliando,
aspetterò
Il
fluido biancore dell’alba
e
il giorno che vola
con
i miei sessant’anni.
13
Bocca
di luna piena
che
passeggi
sopra
i tetti della Badia
e
li ricopri
d’ingannevoli
baci…
Oh
parola, parola mia
come
sei oscura…
Tutto
traspare,
si
confonde il pensiero
su
segni d’infiniti Dii.
Non
ho capito nulla fin’ora:
ma
com’è dolce
il
mormorio
del
tuo pianto stasera
piccola
Margherita.
14
Sussulta
la notte e si rigira
sul
letto dell’immensità
e
come una mandria ceca
batte
gli zoccoli duri
sulle
pietre della Badia,
ove
giungono echi sconosciuti,
sussurri,
vocii, affannosi respiri,
dolori
d’umanità impazzita;
sensi
assopiti ed offesi dal tempo,
volti
sfigurati s’affollano urlando
in
un balenio di sguardi.
15
Fino
all’infinito
In
cerchi concentrici
con
profonda caduta
s’ode
d’antichi tempi
l’eco.
Corrono
pensieri
alla
Badia,
scavando
abissali incubi…
Da
mondi lontani giungono
sospiri
d’incenerite
vicende
umane.
Come
se nulla esistesse,
tutto
confuso, indistinto
appare.
16
I
colori nascenti si formano
nella
luce dell’alba
alla
“Badia “.
Ripensando:
nel
chiarore riflesso
della
bifora antica
nella
mente m’appare
la
donna gestante[1]
in
preghiera.
Anch’io
vorrei
la
mia sete placare
invocando
17
Quando
il sole tramonta,
i
tetti della “Badia “
impallidiscono
evanescenti.
Nuvole
colorate di rosa
passeggiano
sfiorando le colline.
Dalla
pianura giunge
Il
dissennato frastuono della vita.
Fremono
ricordi di tempi lontani:
colori,
piaceri, passioni, echi
di
voci care mi giungono
stringendomi
la gola…
e
come fuochi scoppiettanti
si
dileguano nella notte.
18
Com’è
bella la luna stasera,
pare
incantata a scrutare
i
tetti della “ Badia “
e
a lumeggiare
la
mia casa antica.
Sospiri,
emozioni
d’un
tempo lontano
mi
scuotono dentro.
Oh
luna,
potessi
darti
i
miei sogni e pensieri
per
portarli con te
nello
spazio infinito del tempo.
19
Sei
più bella
d’un
giardino fiorito,
lucente
come l’arcobaleno
appena
bagnato d’acqua e di sole.
Sei
nuova come una gioia improvvisa,
dolce
come l’alito tiepido di primavera.
Qui,
dalla “ Badia “,
i
miei pensieri t’invio
sull’ali
del vento,
sulle
corde d’un violino
che
langue di nostalgia.
20
Notte,
carezza
sconosciuta
al
chiarore lunare,
bacio
di stella,
profumo
di labbra,
sapore
di baci.
Alla”
Badia ” sogno…
Sogno
i limiti estremi
del cielo…
Veglio
e penso…
Penso
alla casa natale:
voci
care
m’attorcigliano
l’anima
…un
ragazzo scalzo
corre
col vento.
21
Mura
dell’antica “ Badia “,
mura
che avete ascoltato
la
gioia e il pianto,
il
rumore di passi infiniti,
i
bisbigli di rauche voci nella notte
d’osannate
preghiere.
Mura
misteriose e secrete.
Mura
che avete incorporato
Il
rumore di cavalli e vetture,
il
tintinnio di fioche lucerne,
il
veleno di lame assassine.
Mura,
fiere sentinelle
Indifferenti
ai nostri destini.
22
Dal
tiepido sole di marzo
la
luce cade fredda
sulle
mura della “ Badia “.
Il
breve ventaglio di brezza
reca
erranti pensieri:
da
nord a sud
quante
famiglie piangono?
S’odono
lotte di guerre
all’invisibile[2].
Tutto
è silenzio,
solo
il suono d’una musica antica[3]
accompagna
la notte solitaria
della
città.
23
L’ombra della sera
fa capolino
sopra i vecchi tetti
della Badia.*
Ora che novembre
reca languori
nascosti nello scrigno
di lontani ricordi.
Sogno e fantastico,
medito i miei pensieri:
Il ramo del ciliegio si spoglia,
le foglie ad una ad una
scendono baciando
Il mio giardino.
Anghiari: dalla Badia Camaldolese
1960
– 1990
Se come un Dio potessi
Nulla
nel perfetto silenzio
del nulla!
Tunnel
costellazioni
umani sospiri
immutabilità.
Vita, morte,
tempo, idea:
comporsi e scomporsi
all’infinito.
Oh! Se come un Dio potessi…
Tempi
remoti
Come placido mare
all’improvviso
s’agita
se vento lo forza,
vento chimerico e
folle:
così è l’anima mia
quando oscuro male
nelle diverse
stagioni penetra:
Chi mi chiama?
Da lungi sento
possente
batter di tempi
remoti,
ed io quasi
smarrito
sempre più
m’appresso
all’ora ultima
della vita.
Oltre
il silenzio[4]
Interminabili silenzi
rompete infine gli spazi siderei
e con me venite a suonare
muovendo a danza antica.
Cielo, metallico e lontano,
ascolta chi ti vede
chi ti sussurra
chi ti cerca e sente
oltre ragione!
Qui affossato, qui offeso
più oltre non posso:
avanti andiamo
già l’aurora sorge,
miriadi di stelle impazzite
fuggono alla mia vista.
Aiuto ti chiedo
abbi un attimo, una pausa
d’aspetto,
mio profondo e confuso pensiero.
Forse
tu non hai ancora capito[5]
Getta la nera
maschera
e guardami in
faccia,
sarà stanco il tuo
ma è sempre un
cuore.
Non pronunciare
grandi parole,
cadde con me la
retorica!
Vangato è il lungo
sentiero,
marcite sono le
foglie,
disadorno è il
bosco.
Era sera d’estate
quando partii,
il sole mi dette
l’ultimo bacio:
solo mi trovai nel
tramonto.
Oh! Come ardeva la
vita
Quanta passione,
quanta…
Forse tu non hai
ancora capito.
Il vento allora
m’accarezzo
Destandomi.
Silenzio
Quanto silenzio
c’è intorno!
Solo adesso posso
vederti:
tace la tua voce
ma ugualmente
parla
al mio cuore.
Allora tutto
rivive,
ogni ombra diviene
persona,
pura e limpida la
tua immagine
m’indica la via.
Sulla
rocca di Gino di Tacco
Scesa è la notte
Grande è il
silenzio,
dimenticata la
natura dorme;
soltanto l’ombre
vegliano
e tra i ruderi e
gli alberi
con strane forme
si raffigurano.
Lassù, nel
firmamento
assiste tacita
la sospirata luna…
In questa quiete
immensa,
il mio pensiero
vaga, cerca e
scopre.
Come
voli di rondini.
Notte,
oscura profondità.
Notte, dolce
notte,
sterminata vastità
di muti sospiri,
dove le bocche
s’agitano
con cechi
sussulti.
Caldi corpi
s’amano,
dita che s’intrecciano
disegnando
arabeschi
come voli di
rondini
all’infinito.
Già
ora…
Non ti crucciare
o pensiero
se lontana
stagione t’assale
e in un mare
di stelle
t’annega.
Già ora l’autunno
mormora altra
canzone
e dolcemente
c’invita
a segreti
abbandoni.
Cercavo
la tua musica…
Poi crescendo il
mio giorno
ho incontrato
l’urto
d’un turbine
ignoto,
che mi fa
ripensare a te
con una sete
strana di conforto:
cercavo la tua
musica
che mi scendesse
nell’anima;
ed era allora si
una preghiera
la mia voce.
Oltre
l’ombra
Non un soffio di
vento
oggi è mancato
che pur non
speravo.
Monotono e lontano
resta
quale indistinto
respiro…
Non un sogno
né una stella,
tutto e brusio
di cromatici
suoni:
che m’accompagnano
oltre l’ombra
della sera.
Con
te soltanto.
Con te soltanto
vorrei vivere
io e tu soli,
assolutamente soli
nell’immenso
universo.
E quando scende la
sera,
oh! malinconica
sera,
incamminarmi
vorrei
nel segreto
sperduto
dei silenzi:
e andare,
andare lontano con
te.
O mia luna
pallida e solitaria.
O mia stella fissa
messaggera della
notte
e di sogni:
quanta tristezza
m’infondi
se i tuoi occhi
scavano
sul mio cuore!
Ripensando[6]
Quando
la pioggia bagnava
I
tuoi capelli d’oro
e
dolcemente scendeva la sera:
occhi
furtivi scrutavano
l’orizzonte,
dove volavano
pensieri
carichi
di
sogni e speranze.
Allora
tutto era bello,
anche
la notte buia
accendeva
luminarie d’argento
e
non avevo paura…
Ad
un’amica
Non solo i profumi
di lillà,
o il sapore dei “
blini “,
o il salire e
scendere
per le scale
mobili del metrò,
o il via-vai di
pittori e poeti
sulla vecchia
Arbat:
pensoso
passeggiare
di speranze e
illusioni…
Così breve è
trascorsa
l’ora del
desideio,
l’eterna
illusione:
nell’attimo di un incontro,
il tumultuoso
ardore
dell’anima.
Solo adesso, una
musica dolce
il canto di Malinii
m’acquieta e mi
consola
ripensando…
mentre il sole
d’Italia
mi brucia sulla
fronte.
Tra i colori della foresta
Più non chiamerai
la tua cagnolina,
i tuoi occhi
azzurri e grandi
non guarderanno
più dalla finestra
il camminar delle
genti sulla Prospettiva,
mentre sorseggiavi
una tazzina di caffè
e fumavi
l’ennesima sigaretta.
Quanti sogni e
speranze…
quanti
racconti…che ardori!
( tra quei due
metri quadrati di cucina ).
Adesso tace per
sempre la tua voce.
Cara, cara amica
mia, la morte
batte con piede
uguale le povere
capanne e le torri dei Re.
Forse è il
meritato riposo dopo la fatica?
Delusioni, dolori
e speranze…
Ora tutto è finito?
Chissà!
Nell’abisso
infinito del tempo,
con te torneremo a
Lubovna[9]
tra i pini e le
betulle,
assieme
passeggeremo, con Aldo e Carlino,
cercheremo ancora
i funghi porcini,
fra i colori della
foresta e gli spazi celesti
sopra il cielo di
Vladimir
che Rublev un
giorno dipinse.
Ballata per Juri.[10]
Nella gelida notte
abbandonato alle
stelle
brancolando con
vertigini
pensa e vede cose
belle.
Juri
sogna irreali visioni
mondi
fantastici
Infinite
emozioni
Juri
è solo, solo, solo
senza
un essere vivo intorno
luci
fioche tremolano
nella
sudicia via.
Juri
sogna auto veloci
wisky
e caffè
Jeans
alla moda
scarpe
e gilet.
Le
sue labbra serrano
un
ingiallita sigaretta
tanto
alcool sul cervello
ed
un rantolo alla gola.
Juri
sogna un Angelo biondo
prati
fioriti
l’azzurro
profondo.
Sotto
la fredda luna
ora
dorme senza fine
due
lampioni vegliano
dritti
come candelabri.
Juri
sognava le onde del mar
e
cose belle
la
libertà!
…e
quietamente t’accompagna.
(
Ivgevsk 1991 )
Quando
vorresti gridare al mondo
Il
tuo sconforto,
quando
l’anima è piena
di
struggente malinconia:
pensa
allora
ad
una persona cara,
ai
volti conosciuti,
alla
luce d’una stella,
al
tepore della tua casa;
così
in crescente armonia
sentirai
una musica
che
dentro ti prende
e
quietamente t’accompagna.
Bella.
Bella,
semplicemente
bella!
Bella
e innamorata.
Bella
e giovanissima.
Bella
e semplice.
Bella
quando parli.
Bella
quando taci.
Tu
assomigli al fiore
ancora
in boccio
all’offerta
del sole.
Bella
al
sorriso della vita.
Ma
non conosci, o bella
Il
profondo miracolo
del
tuo corpo
l’armonia
dei sensi
l’infinita
dolcezza.
Accidenti!
Così è
Un
tempo non lontano
gli
uomini osannarono
il
tuo grande e terribile nome.
Per
te gioirono,
per
te lottarono,
per
te soffrirono e caddero,
sempre
con eterna speranza.
Oh!
Mobilità perpetua delle cose:
oggi
nel giorno del ricordo
sei
rimasto solo.
Non
più feste,
non
più vastità di popolo,
non
più sterminate parole,
non
più idoli in processione.
Oh
fugacità del tempo!
Solo
sei rimasto
sul
tuo piedistallo
imbrattato
di porporina;
anche
il lampione
spande
aloni
di
squallida luce
nella
gelida sera.
Accidenti!
Così è!
E
la speranza appare.[11]
Cielo
azzurro
verdi
spazi
bagliori
di cupole d’oro;
segni,
ricordi del tempo,
di
gesta, di vita e d’amore.
Ora
uomini muti
vengono
e vanno
alla
ricerca dell’anima.
Ecco!
Da Mosca un grido
E
la speranza appare.
Attraversando
la Valdorcia.
Attraverso
d’agosto
dopo tant’anni la
rinsecchita terra
della Valdorcia.
Riluce riarsa,
assetata
la stoppia bionda.
Un brusio si
disperde
per calanchi e
colline:
è la cicala che si
lamenta.
Vaga il pensiero…
dietro cavalieri
al galoppo
bardati d’armi e
d’elmi
rilucenti.
Là, verso Siena,
s’accendono
I colori del
tramonto.
Bacio
dopo bacio.
Canta e canta
strozza il
singhiozzo
solitario la
cicala.
Vai e vai
sussurra caldo il
vento
tra i querceti.
Ti bacio
ti bacio sotto lo
sguardo giallo
del girasole,
ti bacio, ti bacio
sotto il silenzio
compiaciuto
della luna piena
che albeggia la
torre
della Badia,
ti bacio,
ti bacio amor mio
sulle labbra di
cocomero rosse,
sugli occhi di
cielo riflesso,
sulla bocca che
sogna dolcezza…
Bella mia bella,
ti sgualcirò la
veste
rotolandoti sui
fiori del prato,
ti consumerò,
bacio dopo bacio
aspettando
l’aurora.
Notte
a Alcamo[12]
Passeggia la luna
sopra il mare e la
collina
Sogno…
E’ la notte
d’Alcamo
che biancheggia
e rischiara
“ la stanza dei
colori “
Iridescenti
danzano
sui grovigli delle
reti,
sui volti dei
pescatori,
sulle smorfie
della sofferenza
dal pennello
scolpiti
come epica
odissea.
L’impossibile
ritorno.
Va la mia barca
leggera
Tra i canneti e le
giuncaie.
Chino la fronte
sulla mano
pensando alla casa
natia.
Va la mia barca
leggera
sul fiume: la luna
fa capolino,
sogno le carezze
del vento
e l’impossibile
ritorno.
Per
la morte di Tobia
( Marzo 2015 )
Tobia, mio grande amico,
adesso dormi eternamente.
Vivi nei miei sogni di
remoti mondi lontani.
Le nostre anime vagano
tra il Tevere e la Sovara
come angosciati fantasmi.
Eri bello e vivace,
forte come un’antico guerriero
alla caccia della preda agognata.
Ora il lieve sussurro del vento
disperde per i sentieri dei campi
solitario il mio triste pensiero.
Vacanza
siciliana
Alba chiara,
mormorii sconosciuti
entrano in camera mia.
Brontola il mare
l’eterna melodia.
Laggiù
Castellammare del golfo
Sopra
biancheggiano le pietre
degli antichi teatri:
Il vento recita versi
Di Pindaro e Melagro.
L’abbagliante
chiarore…
( Riserva dello zingaro – agosto 2008 )
L’abbagliante
chiarore dell’estate
si riflette sulle
rupi scoscese
e sull’onda appena
increspata
da un soffio lieve
di brezza.
Qua, sulla “
Grotta dello zingaro “
stregato dalla
magia, penso…
Profondi, abissali
echi sconosciuti
Sussurrano
incompresi messaggi.
Ora che il mio
giorno declina
mi chiedo: chi
sono? Dov’ero
mille e mille anni
fa? Dove andrò?
Dimmelo tu,
gabbiano solitario
che Sali e scendi
senza battere l’ali
mosso da un Dio
sconosciuto
sopra questo mare
che eternamente
mormora gioie e
dolori.
Le
due sirenette
(
Capo S.Vito, Agosto 2007 )
Eccole! Imperlate
d’arcobaleno
scivolano
sull’onda spumosa
le due “ sirenette[13]
“;
Intorno scintillio
di colori,
vocii,
l’eco dei bagnanti
sale la roccia
e si disperde in
labirinti remoti.
Brancolano
tra sassi e
sterpeti
misteriose
leggende:
Lo “ Zingaro “
risale il sentiero
dove il bandito
Giuliano
s’illanguidì al
dolce tramonto
nell’ultima sera.
Poi
la notte
( Capo S.Vito 2007 )
Appena il cielo s’
imbruna
e l’onda brontola
sorniona
l’eterno
sciacquio,
il coniglio selvatico,
drizza le orecchie
all’ascolto
e saltellando
tra il gibaglione[14] e
la disa
s’accoppia con la
compagna.
Poi la notte:
si lamentano i
rapaci
sui recessi dei
monti;
acquattata tra la
ruette
furtiva e leggera
la volpe
scivola via sulla
spina bianca
e la risacca
marina,
cercando la timida
preda.
Le stelle gli fanno occhiolino
sulla volta
celeste.
Tanto
a loro… Cossovo 1999
Non piangere
bambino,
non piangere
vecchio,
tanto a loro non
importa niente!
Tu devi scappare, devi
morire.
Stracciati pure quei miseri cenci
e i tuoi occhi si
dilatino
in un urlo
infinito;
tanto a loro
non importa
niente!
L’erba del
selciato
è schiacciata dal
carro armato
che sferraglia
tremendo e potente
sopra la staccionata.
L’aria è pregna di
miasmi.
Dalla scienza
invisibile
il sibilo giunge
dopo le bombe
che a grappoli
precipitano
come uva da vigna
avvelenata.
Non rivedrai più
la siepe di lillà
dove ti nascondevi
giocando,
non respirerai più
il profumo del giardino
dove furtivamente
hai baciato
la tua ragazzina.
Anche l’orticello
è stato bombardato:
tutto hai perduto
ma a loro non
importa niente!
Quando
i neri uccelli vomitavano fuoco sulla Sumeria, distruggendo la città di Ereck e
Ur, destando dal lungo sonno Hammurabi- 1991 –
Cielo, acqua,
terra,
rotondità vagante
negli spazi
sederei.
Noi umani
appena un sospiro
del tutto.
Nell’immensità del
nulla,
il ripetersi
all’infinito
di eterni
sentimenti:
bene, male, odio
amore,
sempre, sempre,
sempre!
Nell’attesa d’un
sogno
Che mai non muta.
Natale
Credenti
o non credenti, oggi è Natale
il
mondo assume aspetti di magia
l’amore
e fratellanza oggi prevale,
di
fanciullezza abbiamo nostalgia;
s’accenda
dentro ognuno la morale
di
comportarsi bene e in armonia:
condannando
così “ il Dio quattrino “
amando
e rispettando il tuo vicino!
Adolescenza
(
ad Armida )
Fiore
di maggio
bocca
di lupo
che
s’apre alla vita
nel
tempo sereno.
Al
grande viaggio
Il
mondo t’invita.
Sei
nuova, sei bella:
ma
tu non lo sai,
c’è
già chi ti guarda
più
tardi vedrai…
Che
bella stagione,
c’è
tanto profumo
vaghezza
e dolcezza
tu
doni a ciascuno!
Squallore[15]
(
Il sacrilegio di Torre Maura a Roma )
Pensieri peni
d’angoscia
brancolano
fra le vecchie
mura.
Si lamenta Gesù
crocifisso
dall’altare della
vecchia Badia:
vicoli bui, senza
respiro,
senza pace
indicano il pane
calpestato.
Squallore
d’impoverita umanità!
DA
L’ORTO DELLE RICORDANZE
(
presso l’acqua viola di Gianfranco Giorni – 2010 – 2020 )
Quando viene la
sera
su l’orto “
dell’acqua viola “[16]
guardo con
nostalgia
il calare del sole
dietro la collina
e sento il
mormorio del vento
sui rami del
pioppo
e vedo le ombre
apparire
fra i tralci di
cocomeri:
allora mi prende
una languida
malinconia
pensando che la
notte è vicina…
Volo
all’invisibile
(
al’amico Gianfranco Giorni )
Ingarbugliati semplici arnesi
vegliano
sulla bottega
toccati dalla mano dell’artista.
All’acqua
viola sorgono
visioni
di figure dorate.
Riluce
la bellezza!
L’Angelo
e la Vergine Maria
con
la bianca colomba.
Oh
Prassitile e Lisippo
qui
forestieri non siete.
Per la nascita di Bianca.
Anna,
Cinzia, Katia,
Elisa,
Erica, Armida,
Margherita,
Teresa, Bianca.
Donne,
donne, donne!
Come
simbolo di dolcezza
e
di pace.
Messaggio
raggiante
di
fantastica stella:
ecco,
la Bianca è risorta.
Che
gioia!
Miracolo
del perpetuarsi
della
via, della speranza
dell’amore
infinito.
Ricordi
su l’orto dei cocomeri.
Oddio!
Mi sussurrano dolci parole,
sogno
e zappo, zappo e sogno…
Odore
di terra bagnata,
il
lamento del cuculo
la
tortora che tuba sulla vetrice,
la
rana che gracida sul fosso.
Tanti,
tant’anni sono passati,
perché
mi scuotete? Chi mi chiama?
Da
lungi sento possente
batter
del tempo
e
vagabondo m’aggiro…
per
i sentieri sperduti dei campi,
m’abbandono
ai silenzi
della
sera
ai
tramonti incantati,
alla
quiete dell’ora vespertina
lungo
la sponda del fiume chianino.
Come
il mondo d’un cocomero
E’
breve il tempo per vivere…
come
il mondo d’un cocomero;
ma
per me è immenso…
Con
piacevole ore di quiete
scrutando
la rugiada
sulle
foglie aperte al mattino
con
l’odore di fieno falciato,
al
galoppo dei sogni
d’un
tempo lontano…
laggiù
su
quelle terre basse della Chiana.
Le
due zucche
Le
due belle stanno
fianco
a fianco,
adagiate
sulla terra bagnata.
Mute
e non dicono
quello
che hanno sul cuore
Canto
breve del cocomero
Eccolo,
nasconde fra i tralci
la
sua rotondità:
rosso
dentro, com’è
rossa
la rosa di maggio
o
la bandiera della rivolta.
Verde
la veste, come quella
del
solitario ramarro
nascosto
tra le crepe riarse
del
terreno assetato.
Pieno
è il suo giorno
come
una cosa bella
o
un dono inaspettato.
Assieme
al pomodoro e l’insalata,
accarezzato
dal sussurro
del
vento, tra il fruscio
delle
spade di granturco,
ombrato
dal cappello
del
girasole,
sotto
l’afa d’estate
che
volge al tramonto
odo
il suo canto.
Mugnanessi[17]
Verità o sogno?
Ecco il ragazzo
scalzo
Che corre col
vento,
l’eco della cicala
sul pino,
il fruscio dei
canneti,
appena lo
sciacquio
sul singhiozzo
del Porciglione:
voci,echi,
fantasmi
d’un tempo
lontano.
Sono qua, dopo
settant’anni
Col cuore gonfio
di nostalgia.
Oh fugacità del
tempo,
Oh mobilità
perpetua di tutte le cose!
Ad
Erica
Erica
bella, quando leggerai[18]
quello
c’ho scritto d’un tempo passato
spero,
son certo, che comprenderai
delle
radici, il vero aspetto umano:
così
la vita meglio affronterai,
ripensando
al passato piano piano:
susciterà
al tuo cuore vivo ardore
dandoti
gioia,pace, e tanto amore.
Il
ritorno
Groviglio di
sensazioni,
tumulto dell’anima
per un’esperienza
vissuta
con occhi curiosi
da bambio.
Ora…
l’ultimo addio,
col calore d’una
mano amica
con l’eco di
quelle voci andine;
dove il cielo
lassù
palpida limpido di
stelle
e le montagne
corrono in fila
come onde giganti
di terra
pietrificata.
Eccomi,
eccomi di ritorno
con tutti i tesori:
“ salve mia bella
madre,[19]
salve o gloria del
mondo “
Di nuovo
t’abbraccio,
sono a casa mia.
A Teresa nel suo primo compleanno
Com’è
bello il tuo sorriso
dolce
e sorprendente,
d’arcobaleno
colorito
d’amorosi
sguardi circondato.
Germoglio
di primavera:
cieli
stellati, mondi invisibili
si
rispecchiano in te.
Bella
e nuova
semplice
e perfetta,
come
una gioia improvvisa,
come
un dono inaspettato:
nel
tuo primo compleanno
i
miei pensieri ti dedico
o
mia piccola Teresa.
Guerra
in Siria – 2018 –
Ancora l’urlo d’un
Cristo
Inchiodato,
l’abissale strazio
intriso
di polvere
avvelenata
d’un male
indicibile:
Verdi foglie
cadono insanguinate
da l’albero
appassito
dell’umanità!
Esmeralda
Sogno…una
felpata zampetta
accarezza
il mio orecchio.
Flebile
giunge un lamento,
dormo
e sogno
ancora
ancora
la zampetta
ancora
un lamento:
mi
sveglio;
la
gattina mia, guarda
silenziosa
e fiera.
Allungo
la mano
accarezzo
la mia bella
Esmeralda.
Fuori
già l’alba biancheggia.
All’amato
Totò
Un morso
improvviso
m’opprime il
petto:
Totò, amato mio
cane.
Nel fruscio delle
foglie
cadenti d’autunno,
ora corri fiutando
nel tempo infinito.
Il vento e la
pioggia
t’accarezzano il
muso.
Bello, fiero e
scattante
laggiù sui recessi
del fiume,
sui coltri
autunnali,
sugli anfratti del
bosco
odo il frullio
e la gioia del
riporto.
Addio amico caro,
negli anni miei
tardi
vivrai nel ricordo
d’un bel tempo
felice.
Anghiari 12
/11/2019
La
Battuta
Il
bosco è tinto di giallo.
Mormora
il vento
tra
i querceti
e
l’acqua che discende
per
burroni e valli.
La
terra emana
odori
d’autunno
e
di marcito fogliame.
Una
muta di cani latra
tra
fitti scopeti fiutando.
Nascosto
sul fossato
con
il cuore in gola…
Il
cacciatore aspetta
L’agognato
cinghiale.
Eccolo,
eccolo!
Nero
come il demonio
forte
e ansimante
è
il porco grifuto.
Tremendo
esplode il colpo
che
lo travolge
nell’ultimo
rantolo.
L’eco
dello sparo
si
diffonde
in
disperato lamento
per
valloni e colline.
Pensieri
di “ Quarantana “
Nel
romitaggio della vecchia casa
accanto
all’antica “ Badia “*
ombre
incappucciate brancolano
In
un silenzio opprimente
nel
buio della notte.
Il
pensiero vaga tra sogno e realtà.
Come
siamo piccoli e poveri!
Dov’è
la nostra grandezza?
La
nostra forza trionfante?
Su,
potenti del mondo, perché
non
sparate le nostre armi da sterminio
contro
il nemico invisibile?
Qua,
rinchiusi nelle nostre stanze
finiscono
le vane illusioni
e
le insensate certezze.
29-marzo-2020
·
Badia Camaldolese, la prima chiesa
d’Anghiari.
Ottave a l’orto delle “Ricordanze”
Parte
I
Estate
2013
Di
sangue contadino assai lontano,
la
mia famiglia sotto il Gran Ducato, (1)
nella
“Bella Tenuta” di Dolciano,
a
mezzadria faceva il lavorato
dalla
collina al lago giù sul piano,
a
testa bassa e collo piegato:
le
condizioni eran tanto meschine,
ecco
le mie radici contadine.
L’orto
lo chiamo “Delle Ricordanze”
per
non obliare mai le mie radici,
In
Val di Chiana e nelle vicinanze
dove
io nacqui ed ebbi tanti amici;
di
quei tempi mi parlano l’usanze,
quando
non c’erano le falciatrici:
e
con fatica allor si lavorava,
poco
ma genuino si mangiava.
*°*°*°*°*°*°*°*°*°
1- “Già discendendo l’arco d’i miei anni”
assai
deluso da tanto progresso,
per
evitar problemi e molti affanni
a
coltivare l’orto mi son messo
in
questo luogo che più di mill’anni (2)
girò la pietra con l’acqua del fosso
presso
la casa di Gianfranco Giorni,
che
se ci vieni sempre ci ritorni.
2-
Alla mattina quando sorge il sole
danzano
scintillii di colori,
scendon
dal pioppo brusio di parole,
lungo
il Tevere un velo di vapori,
il
canto del cuculo par che duole
e gli uccelletti qui fanno l’amore:
il
verdeggiar dell’orto mi consola,
mi
sento tanto bene “all’acquaviola”.(3)
3-
Gian Franco, uomo dotto e preparato,
l’arte
della scultura fa il suo vanto;
tien
sempre il prato verde e ben rasato,
alla
forma e bellezza tiene tanto;
intorno
a lui vorrebbe che il creato
si
sublimasse in forma d’un santo:
ma gli imbecilli che lui non ama
gli
hanno tappato tutto il panorama!
4-
Di giorno in giorno lui s’incupa e cruccia,
vedendo
il bello in brutto tramutare,
tante
amarezze sul cuore ammucchia
che
il pensiero non può accettare;
quel
brutto capannone è una macchia
che
la sua mente non può cancellare:
a
tal simili scempi non si perdona,
di
ciò tant’ore assieme si ragiona.
5-
Il salice fa ombra, ed il suo viso
una
lama di luce lo rischiara,
parla
con proprietà ed è deciso
alla
battaglia che bene prepara;
molti siamo dello stesso avviso,
per
la difesa d’una cosa rara:
che
ogn’uno ormai più spesso sente
di
tutelare, salute, terra, ambiente.
6-
Così
adombrato da mattina a sera,
trova
la pace nel laboratorio;
modella ad arte i bronzi con la cera
e
alla fine esce fuori il tesoro,
bollente
e rosso dentro la zuppiera,
con
scoppiettanti fuochi color d’oro:
poi
, l’impurità con arte sfronda
ed
ecco! Una bellissima colomba!
7-
A l’acqua Viola sorride ogni cosa
dal
prato a l’orto al cielo a la collina
quando
ci sei la mente si riposa
ogni
cruccio o brutto pensier declina;
il
merlo sulla querce si posa
e
l’usignolo canta sulla cima:
Lante,
la cagna con me ragiona
Intelligente
più d’una persona!
8-
Ore belle passiamo in compagnia,
approfondendo temi con ragione,
Franco
modella vergine Maria
e l’angel bello dell’annunciazione
indica
a dito la celeste via
per
dare a tutti noi la redenzione:
e
nell’amenità della mattina
tolgo
l’erbacce e do una zappatina!
9-
In questo mondo tanto tribolato,
di giorno in giorno il bene s’allontana
dentro di noi abbiam dimenticato
del giusto viver la vita nostrana:
ciò che un tempo ci venne insegnato,
che l’onestà
non fosse cosa vana:
col consumismo tutto, tutto piace
ma non sappiamo più cos’è la pace!
10-
Forse saranno gli anni o l’esperienza
d’una vita vissuta tra le genti,
perché mi morde dentro la coscienza
nel costatare certi avvenimenti
privi d’umanità e d’intelligenza,
come se fosser morti i sentimenti:
penso,
che sia stata una sciagura
avere
bistrattato la natura!
11-
Come posso esprimer le meraviglie
del
sol che sorge dal monte di dietro?
Miriadi
di colori con scintille
se
lo sguardo rivolgo allo “Sterpeto”;
sulla
collina dormon tante ville
che
resero al romano il tempo lieto: (4)
intanto
annaffio e zappo, il raggio in viso
com’Angelo mi sento in Paradiso.
12-
Poi, se ripenso a tanto rumore…
quando
credevo di cambiar le genti (5)
quell’esperienza
d’amministratore
ha
smosso dentro me mille correnti;
la
cultura doveva esser il motore
per
arricchire i nostri sentimenti:
ma
col pensier d’abbatter la miseria
prodotto abbiamo solo la materia!
13-
Mercati, ristoranti e snack bar
fabbriche,capannoni
e discoteche,
in
massa tutti quanti a recitar
il
consumismo come talpeceche,(6)
ogni
danna vuol esser ‘na star
il
giovan all’orecchio le “greche”:
questo
è il costume ed il modo d’agire
non
conta il vero, conta l’apparire
14-
L’esempio di ‘sto mondo scellerato
ce
l’hanno dato quelli del “Palazzo”
invece
d’educar hanno insegnato
ad
arricchirsi e viver nel sollazzo;
il
gretto e prepotente è premiato
a
l’educato e giusto lo strapazzo:
immiseriti
son tutti i mestieri
dai
portaborse, ladri e faccendieri.
15-
Tutti agghindati da l’omologazione
perdemmo
il vero e la genuinità,
l’idolo
sommo , la televisione
e ben sublimati di pubblicità;
cessò
il cervello d’ogni paragone
e
non sapemmo più la realtà:
oddio!
L’acqua mi sta procurando un guaio,
ha
inondato tutto lo zuccaio.
16-
Or son molt’anni che mi ribellai (7)
ai
soprusi e all’imposizioni,
così
m’accorsi e poi ne costatai
che
i bei discorsi eran pie illusioni;
da
quell’esperienza cominciai
con
l’occhio e veder altre visioni:
finito
il tempo era della riscossa
e
non cantammo più “Bandiera Rosa.
17-
Ventisei
giugno di primo mattino
zappo l’erbacce nel mezzo dell’orto
oh!
Meraviglia c’è un cocomerino
che
fra i tralci se ne sta nascosto,
lo
muove il vento e fa capolino
fra
foglie e fiori, che faranno presto:
e
nasceranno tondi con vigore
per
sprigionar dentro il suo rossore.
18-
Quest’anno è andata male la stagione,
le
nubi hanno pianto in quantità,
procurando
alla terra una cagione
ma
la natura sa quello che fa
e
sono certo che la vegetazione,
darà
i suoi frutti maturi a sazietà:
solo
l’umano provoca tanti guai
ma
la natura non tradisce mai!
19-
Mi siedo e poggio il mento nella mano
ed
estasiato osservo l’orto in fiore,
poi
col pensier vado un po’ lontano
a
tante cose fatte con amore;
rivedo
i volti amici piano, piano
ripenso
al Premio e al suo valore (8)
quando
ad Anghiari la fucina d’arte
cultura
propagava da ogni parte.
20 A
questo mondo tutto s’interrompe
come
scrisse Francesco, l’aretino,
son
tutte vane cose, nostre pompe
che
affrettano sempre più il declino;
ma
quando l’uomo l’equilibro rompe,
cose
nefaste porta al suo cammino:
bisogna
sempre guardare alle stelle
per
costruire e fare cose belle!
21 Si
può gioire per un filo d’erba,
stupirsi
al luccicar della rugiada,
fare
il bambino con ‘na mela acerba,
camminar
scalzi nella bianca strada;
tante
emozioni l’orto mi riserba
che
ogni lavoro sempre più m’aggrada:
ci
vuole poco per esser contenti
e
dare pace ai nostri sentimenti.
22 Annaffio, zappo e la schiena reclino,
respiro
odore di fieno falciato,
rivedono
i miei occhi lo zi’ Gino (9)
che
coglie i pomodori inginocchiato
e
i dispetti di quel ragazzino…
che
rallegrava tutto il caseggiato:
non
stava fermo mai un’istante
s’arrampicava
sempre sulle piante.
23 M’assale
allora una malinconia
e
la mia mente vaga nel passato,
la
giovinezza fu tutta armonia
quando
con Anna ero fidanzato;
di
quegl’anni sento la nostalgia,
tutto
ho presente, non dimenticato:
di
ricordar quel tempo mai mi stanco
e
di quei baci al “Cavallino Bianco”! (10)
24 Ogni
cosa oggi fugge come lampo,
rimane
poco tempo per pensare,
tutti
siam fatti con l’unico stampo,
e
ci moviamo come onda di mare.
Ho
scelto questa vita fin che campo,
vivo
felice col mio lavorare:
m’accontento
del poco e genuino
e
non mi cruccio se non ho quattrino.
25 Ho
fatto tardi e il mio tempo vola,
devo
far fronte agli impegni presi;
Gian
Franco parlerà “dell’acqua viola”
e i progetti dei Camaldolesi,
che
con gran lavorio di carriola,
resero
campi ampi e ben difesi:
dopo
d’aver per bene l’acqua tolta,
ma
di ciò parleremo un’altra volta.
Note
al testo.
1-Dolciano,comune
di Chiusi (SI) una delle 13 fattorie Granducali.
2-L’acqua del fosso:
la “reglia dei mulini” dove si macinavano le granaglie con la mola di pietra.
3-Acquaviola:
la “Reglia dei mulini” chiamata così, forse per il colore del guado che veniva
messo a macerare, o come pensa Gianfranco Giorni, da attribuirsi al nome di una
Dea dimorante presso le sorgenti del Tevere.
4-“Sterpeto”:sulla
collina d’Anghiari sono ancora evidenti tracce di antiche ville di nobili
romani.
5-Cambiar le genti:
mi riferisco al mio impegno politico-amministrativo.
6-Talpeceche:
mammiferi appartenenti alla famiglia dei Talpidi.
7-Che mi ribellai:
alludo allo strappo avvenuto nel 1988-89, con i dirigenti del PCI di Arezzo,
per il progetto turistico di Albiano.
8-Premio e al suo valore:
“Premio Internazionale di Cultura”promosso da Comune di Anghiari dal 1978 al
1992.
9- Lo zi’ Gino:
il mio zio che faceva l’ortolano per la fattoria di Dolciano.
10-Cavallino Bianco:
nome del cinema a Chiusi Stazione dove negli anni 1953-1954 andavo con la mia
fidanzata Anna Maria, ora mia moglie.
domenica 4 agosto 2013
Da
“ l’orto delle ricordanze”: II parte
2014
1- Caro
Gianfranco il tempo passa e vola,
fuggono via, giorni, mesi e gli
anni;
eccoci qua di nuovo “all’acqua
viola”,
a confessarci dubbi e molti affanni;
però la buona terra ci consola,
ogni stagione torna co’ suoi panni:
non mente quasi mai, madre natura,
se dedichiamo a lei buona premura.
2- E
riprendendo da dove lasciai,
il gran lavoro dei
Camaldolesi,(1)
per alleviar le pene e
molti guai,
ai fuochi che Anghiari
erano accesi,
di miglio e grano empirono
gli stai
il Tevere voltarono ai
borghesi :(2)
Facendolo alla piana
sentinella,
così la vide
Piero(3)verde e bella.
3- Il
mio dir non è fiore all’occhiello,
ma meditare su certi
errori:
non distinguiamo più il
brutto dal bello,
riuniti a branco di
consumatori;
della Terra abbiam
fatto un bordello
sfamando l’appetito ai
costruttori:
per l’interesse, tutto
s’è sfruttato,
così l’ambiente abbiamo
devastato.
4- Tempeste,
alluvioni e carestie,
non son gli Dei a
compir tali scempi,
son le nostre ingorde
bramosie,
di ciò potremmo fare
molti esempi
ma continuiamo a dirci
le bugie,
pur sapendo tradire i
sentimenti:
agiamo come ciechi
brancolanti
senza veder la morte
ch’è davanti
5- Tanto
s’è avuto e tanto s’è distrutto
con la pretesa
d’arricchir la gente,
mentre ora zappo mi
sovviene il tutto
l’errore del passato e
del presente;
col trasformare il
bello con il brutto,
questo è progresso? Che
non vale niente:
materia abbiamo dato ai
nostri denti
pagata col dolor dei
sentimenti.
6- Tutto
vogliamo,tutto si consuma,
giunti siam al punto
che non c’è ritorno,
vogliamo soldi, onori,
gloria e fama,
bruciamo il tutto,
giorno dopo giorno
non ci accorgiamo mai
di quel che chiama
aiuto alla miseria ed
al bisogno:
fermiamoci un momento e
ripensiamo,
mettiamo in comunione
ciò che abbiamo.
7-
Si drizzano i capelli e strido i denti
di fronte al capannone
costruito,
il concepirlo è stato
da dementi
e matto chi il progetto
ha autorizzato;
ma dico io, di quali
sentimenti
è il cervello di costor
nutriro?
Su via, Gianfranco, guarda
d’altra parte,
continua la scultura e
vivi l’arte!
8- Umile
narrator della natura,
racconterò come coltivo
l’orto
con le mie mani e con
molta cura
seguo le piante sin
fino al raccolto,
lavoro con piacere e
con premura
con il sudore che cola
dal volto:
poi vedo maturar tutto
d’un tratto,
così appagato son di
quel ch’ho fatto.
9- A
coltivare l’orto invito tutti,
per riveder gli insetti
sopra i fiori,
per cogliere dai rami i
dolci frutti,
mirar cangiare l’ombre
e i colori;
prati con la rugiada
oppure asciutti,
di madreperla l’erba ai
primi albori,
nell’anima s’accende
una gran fiamma:
ti voglio bene o Terra
come Mamma.
10- Che meraviglia lo sbocciar d’un fiore
o il mormorio del vento
sopra il prato,
o le ruote d’un carro
alle prim’ore
su quel sentiero tutto
acciottolato,
gustare d’un cocomero
il sapore,
correre scalzo ho
sempre ricordato:
perché, perché ho in
testa il ritornello
della mia infanzia e di
quel tempo bello?
11- E come potrei mai dimenticare
Il buon sapore d’un
fico dottato?
Che luccicando sta per
sgocciolare;
mi viene l’acquolina
sul palato,
il fico mi fa sempre
ricordare,
la fanciullezza e quel
tempo beato:
quando il nonno faceva
il contadino
di fichi mi riempiva il
panierino.
12- Su via, or vado a concimare
e preparar terreno per
le piante
ieri mi son stancato di
zappare
per seminar la zucca
rampicante:
è l’agenaria ch’è trà
le più rare
per innestar l’anguria
è la portante:
le piante cresceranno
sane e belle
con grossi frutti su
per le “guidelle”(4)
13- Se chiudo gli occhi penso e mi rivedo
scalzo correndo su
steccie(5) di grano,
sento la voce del mi’
babbo Alfredo
che parla col fattore
di Dolciano,(6)
poi sotto il pioppo
grande mi siedo
e guardo un raspaticcio
d’un fagiano:
e cerco di non fare
nessun guaio
se rubo un po’ di tutto
al “poponaio”(7)
14- Oh… se potessi aver quelle certezze
quella baldanza della
prima età,
della mamma le dolci
carezze
e i tanti sogni di
felicità.
Sempre ho davanti le
tante bellezze,
dei bei tramonti e
dell’oscurità:
le corse poi su quei
lunghi viali
a sera nel rimenar
maiali.(8)
15- Le novità presenti in Vaticano
llietano la mente oltre
misura;
Papa Francesco giunge
di lontano,
gesti, sguardi, amare
ogni creatura,
semplice parla, carezza
con mano,
ricorda bene il Saio e
la Cintura:
attorno a Lui tutto si
fa più bello,
vera rincarnazion del
Poverello!
16- Mentre
annaffio le zucche e l’insalata
mi salgono alla testa ‘
sti pensieri,
coi notiziari poi della
giornata,
fatti di ladrocinio e
masnadieri;
rubano tutto a piena
manciata,
senza mai tema dei carabinieri:
neanche la finanza è
più fedele,
rubano pure il fumo
alle candele!
17- Cosa
possa fare il” fiorentino”
In queste brutte e
serie condizioni?
Anche i compagni
sbarrano il cammino,
nessuno cede, non ci
son ragioni:
Matteo, prima che
avvenga il tuo declino,
con limpidezza, dai le
dimissioni:
gl’italiani che
vogliono il cambiamento,
di voti ne daranno un
bastimento.
18- Vorrei
non pensare a certi scempi
e dedicarmi a l’orto e
al giardino
però ci son massacri in
questi tempi(10)
che uccidono sia il vecchio
che il bambino;
d’odio razziale ci sono
molti esempi
che fanno l’uomo bruto
e meschino:
speriamo che quel tempo
‘n sia lontano
che l’Arabo e l’Ebreo
si dian la mano.
19- Cattivo
è il tempo e c’è la tramontana
cade la pioggia in
continuazione
soffre il tralcio della
Valdichiana,
lenta e sofferta la maturazione,
la “scocomerata”
s’allontana,
a fine agosto è la
previsione:
ma son convinto già
fino d’adesso,
che cocomero e
porchetta avrà successo!
20- Gianfranco
da quel “mostro”(11) amareggiato
sta modellando una
crocefissione,
quando lavora si sente
quietato,
ci mette dentro tutta
la passione;
ben si nota sul Cristo
flagellato
tanto dolore e una
triste visione:
sempre lo sguardo al
capannone fisso,
rafforza il patimento
al Crocefisso.
21- Otto
d’agosto, l’orto da i suoi frutti
Insalata,
zucchine e peperone,
cetrioli,
cipolle, pomodori ci son tutti;
è
andata meglio della previsione.
Cocomeri
son grossi come botti,
malgrado
l’avversità della stagione:
bella
è cresciuta anche la melanzana
ed
il gigante(12) della Valdichiana.
22- Pannocchie
di granturco e girasole;
sorriso vivo giallo in
mezzo a l’orto,
lieve sospira un
venticello debole,
godo e
ricordo…rimanendo assorto,
respiro un’aroma
piacevole,
passan le ore e non mi
sono accorto:
perché l’orto m’appare
animato,
osservo il tutto e
rimango incantato.
23- Se
guardo poi nell’ora del tramonto,
l’ombra s’adagia su
l’erba del prato;
dallo “Sterpeto”(13) un
raggio viene incontro,
tingendo il casolare di
dorato,
pare che la natura si
dia conto,
così ci mostra ben
tutto il creato:
l’animo mio s’acquieta
e trova pace,
ogni brutto pensier
sparisce o tace!
24- Spero
che i versi miei volino via
e giungano a color
ch’hanno lo “scettro”
per invertir questa
stagione ria,
che nel futuro ci sia
più rispetto.
Ridefinir nuova
filosofia,
credo che l’uomo d’oggi
sia costretto:
viver con la natura più
vivino
ed arrestar questo
brutto declino.
25- Termino
qua le mie meditazioni,
i miei ricordi
dell’infanzia bella,
continueranno in altre
dimensioni
dell’Universo, forse in
qualche stella;
ciascuno tenga proprie
convinzioni(14),
e non importa a quale
Dio s’appella:
son le prim’ore e tutto
l’orto tace,
abbraccio ogni creatura
e auguro pace!
15/agosto/2014-
ultima ottava scritta nell’orto alle ore 7,45.
V E
R S I S
C H E
R S O
S I
+*+*
Nel
1990-91, all’epoca della “ Perestrika “ di Corbaciov, io, Carlo Alberti, Aldo
Della Ragione, andammo in Russia, per commerciare i funghi porcini. Nella lunga
attesa della raccolta, in casa di Sascia Alessandrovana a Vladimir, scrissi
queste ottave scherzose.
“
Nella patria di Baffone “
Al
pensier dell’agognato porcino
col
desiderio di far buoni affari,
partiti
sono in tre da Fiumicino
lasciando
rattristati i loro cari.
Purtroppo
non conoscono il destino
che
lì attenderà, là, fuor d’Anghiari:
ed
ora a spese lor stanno imparando
a
casa di “ Baffone “ soggiornando.
Carlino
e Franco sognano sperando,
di
volontà armati e di passione,
ogni
novità stanno osservando
per
affrontar qualsiasi situazione;
foreste,
villaggi, i due vanno cercando,
il
momento migliore e la stagione:
il
vento, il sole e tanta bonaccia,
ma
del porcino non si trova traccia!
Guardando
il cielo e alzando le braccia
e
l’uno all’altro dice: <Vorrei
>,
Franco
tira giù una parolaccia
E
se la prende tutta con Serghey[20]:
<
che di venire in Russia a voi piaccia
a prendere i porcini
anche i miei >,
col
suo modo d’agire ci ha gabbato,
ed
or paghiamo tutto il noviziato.
Insieme
i due tanto hanno perlato
facendo
appello al toscano sapere,
esaminano
le cose in quello Stato
facendo
anche gli affari da sedere;
tante
persone in casa hanno incontrato,
l’arte
del fungo Carlo fa sapere:
più
punti di raccolta e la cottura
se
nascono i porcini è trebbiatura!
Or
le preghiere vanno alla natura
che
ci aiuti a far dei buoni affari
per
riveder fortunati le mura
dove
s’arrocca la stupenda Anghiari.
Se
non piovesse sarebbe jattura
E
per noi tanti8 bocconi amari:
a
disperare ormai a nulla giova
con
la speranza che domani piva.
Vogliamo
raccontar qualcosa nuova,
il
tempo ce lo abbiamo da sprecare
che
oziando, gira, cerca, pensa e trova,
nella
Dacia[21]
di Sascia ad orteggiare;
fragole,lamponi,
il tutto giova
alle
povere bocche da sfama
Frango
ingordo a mangiar si mette
Vorace
come mille cavallette!
Coloro
che si trovano alle strette
tutto
il giorno non sanno cosa fare,
l’impegno
a disposizion si mette
per
poter la russa lingua imparare.
Intanto
di pan bianco cento fette
con
biondo miele, Franco sta a splamare:
gli
balza a centonovanta la pressione.
Di
questo stato non si dan ragione
non
potendo sfruttar la loro arte,
logorante
è l’attesa e la stagione,
finiscono
per giocare con le carte;
tra
i due non c’è nessuna spartizione,
Franco
non sa tenere la sua parte:
stravince
Carlo nel gioco a tre sette,
e
molto male per l’altro si mette.
Passa
il tempo e son le terre asciutte
pensa
e ripensa, gira che ti giro
città,
villaggi,cose belle e brutte
ogni
vaghezza o novità rimiro,
credo
che l’abbian pensate tutte,
alfin
la sera ce ne andiamo in giro
lungo
la prospettiva Igor Niesky
che
immette nella piazza Puttanesky.
Cammini
e non sai cosa cerchi,
così
rimango in casa a meditare,
di
quante stravaganze e quali scherzi
che
mai avrei potuto immaginare,
io
mi sentivo ugual per tutti versi
e
fatto di mia vita un gran sognare:
che
comunismo era l’avvenire,
or
che lo vedo mi sento morire!
Ma
se racconterò chi vorrà udire?
La
verità fa male e rompe i sogni
Ma
tutti al mondo si dovrà reagire
Per
soddisfar dei popoli i bisogni,
i
governanti poi dovran capire
e
metterev da parte i lori disegni:
tutti
assieme darsi più da fare
per
dare ad ogn’uno da mangiare.
Cosa,
per loro noi possiamo fare?
Difficile
l’impresa alla bisogna:
fatti,
esperienze, noi bisogna dare
al
cittadin Serghy che più non sogna…
Solamente
così possiamo aiutare
per
togliere di torno la vergogna:
ormai
che importa chi avea ragione?
O
se fu giusta la rivoluzione?
Ogni
persona vuol la comprensione,
degna
la vita per esser vissuta
per
settant’anni tutta una questione…
e
tanta, tanta gente detenuta
senza
la pur minima ragione,
rinchiusa
al confine trista e muta:
or
Corbaciov ha pronta la riscossa
senza
cantare più “ Bandiera rossa “!
In
questo mondo cosa mortal passa[22]
Come
scrisse Francesco lo’aretino;
nulla
noi siam né singolo né massa
la
storia deve fare il suo cammino;
nuova
generazione, l’altra passa
alla
ricerca del proprio destino:
e
sempre ciascun vanta ragione
credendo
più giusta sua opinione.
Non
voglio continuare il sermone;
stonato
ho il verso, la mia vita è corta…
non
ci sarà nessuna conclusione,
sempre
qualcuno busserà alla porta..
Finalmente
ha piovuto a profusione,
i
funghi nasceranno d’ogni sorta:
abbiamo
pronti già grandi stivali
per
camminar da Vladimir agli Urali[23]
Alcuni
fugaci ricordi del “ Campino di Toppole “ 2000-2003.
*+*+*
“A
‘U Peppe “
Maestro
di sapori, grande sul gesto,
prepara
pizza con arte rara,
l’alza,
la tira la riprende lesto
come
una luna bella la prepara;
piena
di funghi, prosciutto e cacio fresco,
io
ve lo giuro che sempre la varia:
l’arte
sua egregia giunge da lontano:
evviva
“ U Peppe “ lo napoletano!
A
Natascia la Sovietica
Cheta,
cheta svolge il suo lavoro
prepara
gli antipasti coi crostini,
d’ogni
consiglio sempre fa tesoro
per
guadagnare bene i suoi quattrini.
Si
muove lentamente e con decoro
sdegna
d’andare presso ai tavolini:
saluti
tanti da noi gente tosca
a
te Natasciam che vieni da Mosca!
A
Paolo Tamburini
Porta
la pizza calda ai tavolini,
poi
senza meta qua e là rigira,
cerca
di fare gesti sopraffini,
si
guarda attorno se qualcun lo mira.
Il
bel fusto è Paolo Tamburini,
che
di far pizze egli assai spira:
se
al duro lavor non avrai duolo
diventerai
un bravo pizzaiolo.
Alla
padrona del vapore Cinzia.
Tutta
agghindata, lustra e sorridente
di
qua, di là, si muove per guardare
che
non accada qualche inconveniente
che
al cliente lo possa turbare;
dalla
cucina, in sala, ai forni è presente…
è
lei che deve il tutto pilotare:
spesso
s’arrabbia ma presto perdona
fatta
così e la Cinzia o la padrona!
Ad
Anna “detta la Babbiona”
Con
brontolio perpetuo ad alta voce
lavora
più d’un mulo di montagna,
lava,
rilava e la pietanza cuoce
e
di continuo sempre fa la lagna;
gli
stai vicino e più ti mette in croce
< che di carrette
devo portar legna >
Avete
capito di chi sto parlando?
Di
Donna Anna che sta lavorando!
Alla
piccola Armida
Armida
con fragore e con schiamazzi
di
buono umor fa la trattoria
qualche
volta ci fa uscire pazzi
è
un turbinio di salti e d’allegria.
A
margherita prende i suoi pupazzi
Però
si fanno assieme compagnia:
il
ricordo vi sarà sempre vicino
quando
sarete grandi del “ Campino “!!
A
me stesso
Il
vecchio prepara bene i dolci fini:
ciambelle,
cavallucci,e pampepato
l’arte
del dolce per lui non ha confini,
in
politica non è più candidato,
certo,
lo sa, che non farà quattrini;
per
certi affari lui non è portato:
la
sua carriera è quella di “ Grencone “
che
andò via furbo e ritornò coglione!
++++++
1-I frati Camaldolesi
bonificarono nel XII sec la pianura di Anghiari, spostando il Tevere vicino
a Sansepolcro.
2-Cittadini di Borgo
Sansepolceo.
3-Piero Della
Francesca: grande pittore del IV.sec.
4-Le guidelle sono i rami che
crescono sul tralcio principale della pianta di cocomero.
5-steccia – residuo del gambo di
grano dopo la mietitura.
6- Dolciano, una delle 12 fattorie
Granducali
7-Il poponaio era l’orto dove il
contadino coltivava i meloni e i cocomeri.
8- Quando la sera ritornavo dai campi con i maiali, essi correvano
veloci per arrivare per primi al “trogolo”, io correndo assieme a loro,
improvvisavo la radiocronaca dell’arrivo di tappa, scandendo ad alta voce il
nome d’un ciclista di quel tempo 1949-50-,( Bartali, Coppi, Magni, Koblet, Bobè
ecc.) che avevo dato a ciascun maiale.
9- alludo agli impegni
politici-amministrativi.
10- i massacri che avvengono in Palestina, Iraq e Ucraiana.
11- mostro: il capannone in blocchi di cemento costruito davanti casa
sua.
12-Il gigante della Valdichiana è il cocomero di Fonte a Ronco,
riprodotto dopo 50 anni.
13 - Sterpeto. Caseggiato sulla collina d’Anghiari
14- Vorrei sperare che dopo esalato l’ultimo respiro, l’anima si
trasferisca in altre dimensioni alla velocità non di 360000 Km. al secondo ma
di miliardi, tanto da raggiungere mondi a noi sconosciuti.
[1] Ripensando alla chiesa gotica-normanna di Palermo,
mentre fugacemente osservavo una donna in cinta che pregava.
[2] Invisibile: il Corona virus che seminando morte
dappertutto.
[3] In segno di comunione e di lotta al male; nelle città
deserte per la quarantena, i cittadini s’uniscono nel canto e nella musica.
[4] Apollo X-Impresa spaziale .1968
[5] Sul luogo dove un giovane della Resistenza di
Radicofani, venne fucilato dai tedeschi.
[6] Ivgesk- Russia – 1991 –Dopo un sogno che ricordava i
primi incontri con Anna.
[7] Dresda –Città tedesca dove Sandra entrò da pioniere
con l’esercito dell’Armata Rossa nel 19458.
[8] Le isole Russe; Sandra partecipò alla guerra in
qualità di aviatrice contro il Giappone,
[9] Piccolo villaggio a quaranta chilometri da Vladimi,
dove andavamo a cercare i funghi porcini.
[11] Vladimir –
19-08-1991, ore 11- Avvenimenti che posero fine al comunismo.
[12] 11/03/2001 - Dormendo nello studio del pittore Enzo Di
Franco.
[13] Armida e Margherita.
[14] Gibaglione e disa: erbe tipiche del luogo.
[15] Torre Maura, quartiere di Roma, dove calpestarono il
pane che avevano portato ai poveri sfrattati.
[16] Acqua viola: antico fosso che dava l’acqua a 15
mulini.
[17] Mugnanesi: piccola frazione del comune di Castiglione
del Lago, dove abitavano i nonni materni.
[18]
Leggerai: il mio libro “ I racconti della Chiana “
[19] Francesco Petrarca:epistole metiche.
[20] Nostro
interprete.
[21] Dacia.
In questo caso, piccolo sgabuzzino per il ricovero degli attrezzi del misero
orto
[22]
Francesco Petrarca: il trionfo del tempo.
[23] Nella
città di Ivghesk, negli Urali, il sei novembre del 1991, acquistammo 72
quintali di porcini secchi
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